Motta

Motta è il De Gregori punk di cui la musica italiana ha bisogno

Motta torna sul palco della “sua” Roma con un concerto che è una questione di vita o di morte.

Vivere o morire, anche sul palco. Un anno dopo l’ultimo concerto all’Alcatraz di Milano de “La fine dei vent’anni” Motta si riprende la scena all’Atlantico di Roma. Un live, quello di sabato 26 maggio, tanto atteso. Sono cambiate tante cose rispetto a un anno fa. Prima di tutto l’età, con l’uscita dal ciclo dei vent’anni già psicoanalizzata nel disco d’esordio da solista. “Vivere o morire” è il suo album della maturità, soprattutto dal punto di vista umano. Perché Motta la sua maturazione artistica l’ha già dimostrata con il primo disco premiato da pubblico e critica.

Il concerto inizia con “Ed è quasi come essere felice”, prima traccia dell’ultimo disco. Un brano con un intro strumentale atipico per il pop, in cui la testualità della canzone sta proprio nella scelta dell’artista di non cantare. “È impossibile non comunicare”, recita il primo assioma della comunicazione. Motta sceglie di comunicare senza cantare, lasciando parlare la sua composizione musicale per godersi il proprio ritorno sul palco. Il cantautore mostra la sua nostalgia nei confronti del pubblico ripetendo varie volte “Non sapete quanto mi siete mancati!”. E a giudicare dalla riposta, anche agli spettatori è mancato Motta.

Il concerto è un susseguirsi di implosioni ed esplosioni. C’è delicatezza d’introduzione della title track “Vivere o morire” che improvvisamente aumenta di volume, esplodendo in un ritmo sostenuto e accattivante. Ci sono le carezze di “Chissà dove sarai” e i pugni di “Roma stasera”. Proprio i brani come “Roma stasera” rivelano l’attitudine punk di Motta, in cui riesce a lasciarsi andare in un’opera psichedelica e rock che travolge il pubblico in un vortice di aggressività e verità sputate in faccia. Perché Francesco non riesce a scrivere canzoni che non siano la verità, o almeno la sua verità.

Tra un amore duraturo concluso che non si sa dove sia, alla nuova relazione e al rapporto con i propri genitori. Motta balla agevolmente tra la figura da rock star e la sensibilità tipica del cantautorato. Cerca aggressivamente il pubblico, creando una scambio di emozioni empatico forte e appassionante. Molto apprezzabile la riproposizione di “Fango”, brano dei Criminal Jokers di cui Motta era il leader, la band dove tutto iniziò. Il concerto si chiude con la toccante “Mi parli di te”, degna dei migliori autori italiani di un tempo, con delicatezza e commozione inevitabile.

Motta è un Francesco De Gregori in versione punk, ma è anche come il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan. Perché solo il tempo ci dirà se Francesco Motta è il cantautore che meritiamo, ma è sicuramente quello di cui abbiamo bisogno.

About Luca Piras

Nato a Guspini e allevato con musica e birra artigianale. Dopo le scorribande nei palchi sardi come tastierista, si dedica al mondo radiofonico dal 2015. Baffi e occhiali sono il suo marchio di fabbrica e dove c'è la musica probabilmente c'è anche Luca Piras. Attualmente vive a Roma dove ha collaborato con Mediaset e scrive come blogger per HuffPost Italia.

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