Studio condotto dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, in collaborazione con gli istituti del Consiglio nazionale delle ricerche e la Fondazione Santa Lucia
Uno studio condotto dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, in collaborazione con gli istituti del Consiglio nazionale delle ricerche e la Fondazione Santa Lucia, mostra che un farmaco già in commercio per il trattamento di altre patologie, potrebbe aiutare a ridurre il danno neurologico associato alla sclerosi multipla.
Studio del farmaco come opzione farmacologica in più contro la sclerosi multipla
Lo studio sul farmaco, finanziato da Fism ( Fondazione Italiana Sclerosi Multipla), potrebbe diventare un’opzione farmacologica in più a disposizione delle persone con sclerosi multipla.
Il condizionale è d’obbligo, visto che la sua possibile funzionalità, per ora, riguarda solo modelli sperimentali della patologia, ma i risultati sull’uso di una piccola molecola capace di migliorare il quadro della malattia lasciano ben sperare.
A mostrare il risultato è un team di ricercatori guidati da Fabrizio Michetti dell’Università Cattolica, Dipartimento di Neuroscienze, campus di Roma e dell’Università Vita-Salute San Raffaele.
Lo studio rivela che la proteina è già considerata “un marcatore di danno” a carico del sistema nervoso, dove viene liberata dagli astrociti con effetti neurotossici essenzialmente nei processi infiammatori.
Nel caso della sclerosi multipla si riscontra a livelli molto elevati nel fluido cerebrospinale e nel siero di pazienti in fase acuta, ma anche, nel tessuto nervoso, in prossimità delle lesioni attive associate alla malattia. E nelle fasi stazionarie che anche caratterizzano la malattia, osservano i ricercatori, i livelli della proteina nei liquidi biologici si riducono sensibilmente fin quasi a ritornare normali.
Da qui l’ipotesi che la proteina S100B possa avere un ruolo nella sclerosi multipla e che contrastarne l’azione possa produrre effetti benefici. Per capirlo Michetti e il suo staff hanno condotto il proprio lavoro sul modello sperimentale di sclerosi multipla che nell’ uomo è di gran lunga la più diffusa.
Per bloccare la proteina S100B, i ricercatori hanno usato una piccola molecola, la pentamidina già impiegata come farmaco antiparassitario. Somministrata negli animali la pentamidina riduceva in effetti la gravità della malattia, migliorando sensibilmente il quadro clinico.