Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani intende ricordare la figura di Eugenio Montale, di cui ricorre l’anniversario della nascita (12 ottobre 1896), per le straordinarie qualità artistiche ed il suo rifiuto nei confronti dei regimi liberticidi
Eugenio Montale firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti (1° maggio 1925). Scrisse il 31 gennaio 1948 un editoriale per il Corriere della Sera per la tragica scomparsa di Gandhi in cui definì il leader del movimento per la libertà e l’indipendenza dell’India “Grande indiano e al tempo stesso grande assertore dei valori della civiltà occidentale, l’uomo che conobbe e valutò al giusto il pensiero di Platone, di Mazzini e di Tolstoj, nella sua semi-secolare diatriba contro l’Inghilterra dominatrice del suo paese non mancò, per il fatto stesso di sostenere il peso di un tale confronto e di un tale colloquio col mondo degli “usurpatori”, di rendere un omaggio sia pure indiretto, alla civiltà dell’Europa e ai valori perenni del nostro mondo”. Aiutò Umberto Saba a rifugiarsi durante le persecuzioni nei confronti degli ebrei dovute alle leggi razziali a Firenze. Vinse il Premio Nobel per la letteratura nel 1975.
Eugenio Montale, la poesia come strumento di indagine
Un uomo schivo ma grande interprete della realtà contemporanea; un uomo franco e “scomodo”, molto lontano da qualsiasi cliché, che odiava profondamente. L’ironia, che era un tratto distintivo del suo carattere, era molto “ligure”, ruvida e spesso “autoriferita”. Soprattutto nell’ultima produzione, il poeta raggiunge l’apice della sua osservazione malinconica e nel contempo sorniona della realtà. D’altra parte non ci si potrebbe aspettare niente di diverso da un autore che smitizza e nel contempo sublima amore e morte nella poesia “Il Pirla”.
“Prima di chiudere gli occhi mi hai detto pirla / una parola gergale / non traducibile / Da allora / me la porto addosso / come un marchio che resiste alla pomice / Ci sono anche altri pirla nel mondo / ma come riconoscerli?
I pirla non sanno di esserlo / Se pure ne fossero informati / tenterebbero di scollarsi / con le unghie / quello stimma.”
Eugenio Montale affronta tematiche pericolosissime, perché fortemente a rischio “retorica”, senza mai scivolare nel patetico sentimentalismo o nella freddezza. Per esempio la poesia “Il sogno del prigioniero“, in cui Montale in modo icastico rappresenta sensazioni, deliri, angosce e speranze di un uomo privato della propria libertà e tenuto segregato in un luogo di detenzione, pur nella delirante drammaticità serba sempre un’eco dell’ironia peculiare del poeta (girarrosti veri o supposti). In bilico tra vendere il prossimo per salvarsi o subire il peggio…
Il consiglio del Professore Romano Pesavento presidente del CNDDU
Il CNDDU invita i docenti delle aree umanistiche a proporre contributi relativi alla figura di Eugenio Montale proprio partendo dalle poesie meno note eppure riconducibili ai diritti civili.
prof. Romano Pesavento (Coordinamento nazionale dei docenti della disciplina dei diritti umani)
Eugenio Montale: Chissà se un giorno butteremo le maschere
Chissà se un giorno butteremo le maschere
che portiamo sul volto senza saperlo.
Per questo è tanto difficile identificare
gli uomini che incontriamo.
Forse fra i tanti, fra i milioni c’è
quello in cui viso e maschera coincidono
e lui solo potrebbe dirci la parola
che attendiamo da sempre. Ma è probabile
che egli stesso non sappia il suo privilegio.
Chi l’ha saputo, se uno ne fu mai,
pagò il suo dono con balbuzie o peggio.
Non valeva la pena di trovarlo. Il suo nome
fu sempre impronunciabile per cause
non solo di fonetica. La scienza
ha ben altro da fare o da non fare.
Eugenio Montale