L’antibiotico resistenza è un fenomeno in crescita, considerato dall’Organizzazione mondiale della sanità tra le 10 minacce per la salute nel quinquennio 2019-2023.
L’attuale situazione sanitaria col diffondersi dei contagi da Covid 19 ha reso ancora più drammatico questo fenomeno nei suoi effetti. Le terapie attualmente disponibili, infatti, si sono rivelate inefficaci per contrastare le infezioni da cosiddetti batteri Gram negativi multi resistenti che colpiscono soprattutto i pazienti Covid ricoverati in terapia intensiva. Ad aprire uno spiraglio in questa direzione, arriva l’esperienza dell’Unità Operativa di Malattie infettive dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria pisana, pubblicata sulla rivista scientifica Clinical infectious diseases. Marco Falcone, professore associato di Malattie infettive del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Pisa e primo autore della pubblicazione. “I batteri microrganismi sono molto abili a sviluppare resistenza agli antibiotici, è in aumento, soprattutto in Italia, il numero di pazienti che va incontro a delle infezioni che potremmo definire opportunistiche che sorgono in malati a rischio in ospedale che sono purtroppo sostenute da batteri resistenti a quasi tutti gli antibiotici”.
Come si accennava, la pandemia ha mostrato in tutta la sua gravità la “crisi degli antibiotici”, anche perché il contagio stesso provoca immunodepressione, amplificata dalle terapie utilizzate per combattere il virus. Il ricovero poi in terapia intensiva rende i pazienti ancora più esposti alle infezioni ospedaliere: “L’epidemia Covid ha amplificato improvvisamente il numero di malati nelle unità di terapia intensiva che sono quelli a più alto rischio, che sono quelli intubati, ventilati che hanno dei dispositivi intravascolari, dei cateteri quindi più facilmente vanno incontro a questo tipo di complicanza. Noi abbiamo verificato che durante il Covid il tasso di infezione ospedaliera da germi mdr è aumentato”.
I germi mdr sono proprio quei batteri che resistono a diversi tipi di antibiotici. Ma una speranza contro questi germi arriva ora da una molecola, una cefalosporina siderofora, testata su 10 pazienti critici con un’età media di 75 anni.
5 dei quali ricoverati per polmonite SARS-CoV-2, 4 ustionati e un malato chirurgico presso l’ospedale Cisanello di Pisa.
“Abbiamo sperimentato, utilizzando l’uso compassionevole una molecola che si chiama cefiderocol”. “L’utilizzo di questa molecola in pazienti che avevano fallito con gli antibiotici standard è riuscito a garantire un successo clinico del 70% e una sopravvivenza del 90% a 30 giorni; risultati preliminari che sono sicuramente utili che ci inducono all’ottimismo su questi nuovi antibiotici”. Approvata dall’Agenzia europea per i medicinali lo scorso aprile e attualmente in fase di valutazione presso l’Aifa. Questa molecola deve la sua efficacia alle modalità con cui attacca i germi mdr. “Gli antibiotici più comuni come le penicilline, agiscono dall’esterno della parete del batterio portandolo alla morte. Questo invece entra all’interno della parete batterica attraverso i canali del ferro e una volta all’interno è proprio come il cavallo di Troia; all’interno della cellula libera quelle che sono la sua attività”.
Nonostante i limiti dello studio, riferito a un unico centro ospedaliero e circoscritto nel campione; la speranza è che questa molecola possa confermarsi una alternativa efficace agli antibiotici attualmente disponibili. “La prima via per combattere le infezioni, quella più economica e anche quella più efficace è quella di prevenirle; quindi lavare le mani, garantire pratiche assistenziali corrette ma è un rischio che nessun Paese del mondo può azzerare”. “E una molecola come questa con uno spettro così ampio potrà permettere di avere un’arma in più quando un malato critico sviluppa una infezione del genere”.