Alcuni cambiamenti nei batteri dell’intestino possono aumentare i livelli di una determinata molecola.
Cosa che fa diventare poi le cellule del corpo più resistenti all’insulina in modo che possono contribuire allo sviluppo del diabete di tipo 2. I risultati dello studio sono stati descritti in un nuovo articolo sulla rivista Nature Communications.
I ricercatori hanno usato i dati di un grande studio europeo per un totale di 1990 soggetti provenienti da Danimarca, Francia e Germania. Questi soggetti mostravano livelli aumentati di imidazolo propionato. Secondo i ricercatori, questo suggerisce che l’imidazolo propionato contribuisce alla progressione del diabete stesso.
Non è il primo studio che collega il microbioma intestinale, l’insieme di tutti i microrganismi, soprattutto batteri, presenti dei nostri intestini, al diabete. Ma in passato l’attenzione dei ricercatori si è concentrata molto spesso sull’utilizzo che stessi batteri possono fare delle fibre alimentari. Con lo scopo di produrre sostanze quali l’acido butirrico che possono poi avere degli effetti sulla regolazione della glicemia e sulla resistenza all’insulina.
D’altronde già in passato lo stesso gruppo di Bäckhed aveva mostrato che il diabete può essere collegato a determinati cambiamenti nella composizione dei batteri dell’intestino.
I quali possono contribuire allo sviluppo della malattia. il ricercatore, con l’aiuto dei colleghi, ha dimostrato che gli stessi batteri nell’intestino possono alterare il metabolismo fino a fargli metabolizzare in maniera alterata l’amminoacido istidina. Cosa che poi porta ad una maggiore produzione di imidazolo propionato.
“È interessante notare che i nostri risultati suggeriscono che è il microbiota intestinale alterato piuttosto che l’assunzione di istidina nella dieta che influenza i livelli di imidazolo propionato”, spiega lo stesso ricercatore. Il quale specifica che l’aumento dell’imidazolo propionato nel corpo nelle persone con diabete di tipo 2 può comunque essere causa anche di una dieta malsana.