In profondità, sotto al cratere lasciato dall’asteroide che causò la scomparsa dei dinosauri, forme di vita primordiali sono sopravvissute alla catastrofe.
Oltre un chilometro al di sotto del cratere di Chicxulub (Yucatan, Messico), quello lasciato dall’asteroide dei dinosauri,. Un sistema idrotermale conseguente all’impatto riuscì a sostenere forme di vita molto semplici per centinaia di migliaia di anni. Quando sopravvivere in superficie era diventato estremamente difficile. L’importante scoperta, fatta nell’ambito di un lavoro più che decennale di un team internazionale di ricercatori, racconta però qualcosa di ancora più importante. Ossia che forme di vita microbica primordiale possono avere trovato la loro strada per sopravvivere al continuo bombardamento di asteroidi. Che flagellava la Terra di 4 miliardi di anni fa, quando le condizioni in superficie erano letteralmente infernali.
Il cratere Chicxulub
Il cratere di Chicxulub, provocato 66 milioni di anni fa da un asteroide di 12 chilometri di diametro, è la struttura da impatto meglio conservata sulla Terra. Ha un diametro di 180 chilometri e si estende per oltre 25.000 km quadrati in parte sul fondale marino e in parte sulla terraferma. Il cratere è un vero e proprio laboratorio a cielo aperto. Che offre uno scorcio su di un passato ancora più lontano, addirittura fino al periodo geologico chiamato Adeano. Agli inizi della storia del nostro Pianeta, tra 4,6 e 4 miliardi di anni fa, quando l’impatto di asteroidi di grandi dimensioni era cosa di tutti i giorni. E lasciava in superficie crateri di migliaia di chilometri di diametro.
La forza della vita
Le ipotesi costruite sulla base di ricerche precedenti sugli asteroidi suggeriscono che alcuni di questi eventi lontanissimi sono stati di tale catastrofica portata da vaporizzare gli oceani. E avvolgere la Terra in fumi e vapori di roccia fusa: “un ambiente infernale incompatibile con la vita”. Questa è sempre stata l’idea prevalente di ciò che era il Pianeta in quel periodo. Che non per nulla si chiama Adeano, da Ade, il dio degli inferi. Da qui si comprende l’importanza della scoperta a Chicxulub. Perché “quando la vita non poteva esistere in superficie, poteva forse nascondersi sotto il fondo dei crateri. Sia in profondità, all’interno di ecosistemi sotterranei dove i fluidi idrotermali scorrevano attraverso la roccia fratturata dagli impatti”.
Le ipotesi dei ricercatori
All’inizio del 2020 un gruppo internazionale di scienziati guidato da David Kring (Lunar and Planetary Institute, Houston) ha cercato gli indizi che permettessero di dare consistenza a questa ipotesi. E dimostrato che il sottosuolo di Chicxulub ha ospitato per migliaia di anni un vasto sistema idrotermale. Ricco infatti di nutrienti come le odierne sorgenti idrotermali dei fondali oceanici. Le prove sono state trovate in campioni di roccia estratti dal nucleo roccioso del picco del cratere. Grazie ad una spedizione finanziata dall’International Ocean Discovery Program e dall’International Continental Scientific Drilling Program.
Microrganismi allo zolfo
La ricerca inoltre dimostra che il sistema idrotermale nel sottosuolo di Chicxulub ha ospitato a lungo forme di vita microscopiche. Infatti, da 15.000 chilogrammi di roccia recuperati gli scienziati hanno individuato minuscole sfere di pirite. Lo studio degli atomi di zolfo (S) della pirite ha poi mostrato che le microsfere, chiamate framboidi , furono prodotte da un ecosistema microbico. Che successivamente si era adattato al fluido caldo (idrotermale) carico di minerali. Dunque, la vita nel sistema estraeva la propria energia attraverso reazioni chimiche. Esse avvenivano tra le rocce ricche di fluidi. Per questo, i micorganismi hanno approfittato dei solfati presente nei fluidi convertendoli in solfuri (ossia in pirite). E e ciò forniva loro l’energia di cui avevano bisogno per prosperare.