Un nuovo studio dimostra come l’ansia possa influenzare la velocità di progressione dell’Alzheimer nei soggetti colpiti.
L’ansia cronica può essere collegata ad un aumento della velocità della progressione della malattia di Alzheimer da un livello lieve di deterioramento cognitivo. Lo dimostra un nuovo studio presentato all’incontro annuale della Radiological Society of North America (RSNA).
Il ruolo dell’ansia per quanto riguarda la progressione dell’Alzheimer non è ancora ben non compreso. E’ certo che l’ansia è stata osservata e la sua presenza è stata certificata in molti i pazienti con lieve deterioramento cognitivo, una condizione che è considerata come uno degli stadi primari, in termini temporali, dell’insorgenza dell’Alzheimer stesso.
“Sappiamo che la perdita di volume in alcune aree del cervello è un fattore che predice la progressione verso la malattia di Alzheimer”. Lo spiega Maria Vittoria Spampinato, una professoressa di radiologia dell’Università Medica della Carolina del Sud (MUSC) a Charleston. “In questo studio, volevamo vedere se l’ansia avesse un effetto sulla struttura cerebrale, o se l’effetto dell’ansia fosse indipendente dalla struttura cerebrale nel favorire la progressione della malattia”.
Lo studio
I ricercatori hanno analizzato i dati di 339 pazienti con un’età media di 72 anni. Di questi pazienti, 72 hanno poi acquisito la malattia di Alzheimer. I dati riguardavano anche quelli ottenuti tramite risonanze magnetiche cerebrali grazie ai quali i ricercatori conoscevano i volumi dell’ippocampo e della corteccia entorinale.
Si tratta di due aree del cervello che hanno un ruolo fondamentale per la strutturazione dei ricordi. Inoltre, tra i dati, c’erano anche quelli relativi alla presenza dell’allele ApoE4. Questo è considerato un fattore di rischio genetico per l’Alzheimer. Infine c’erano anche dati riguardanti gli stati di ansia misurata tramite indagini cliniche.
I risultati
Come era prevedibile, quei pazienti che poi hanno acquisito la malattia di Alzheimer erano quelli che avevano volumi inferiori dell’ippocampo e della corteccia entorinale e maggiori livelli dell’allele ApoE4. Tuttavia gli stessi i ricercatori scoprivano anche che coloro che si erano poi ammalati di Alzheimer erano maggiormente caratterizzati dai sintomi dell’ansia.
“I pazienti con deficit cognitivo lieve con sintomi di ansia hanno sviluppato il morbo di Alzheimer più velocemente degli individui senza ansia, indipendentemente dal fatto che avessero un fattore di rischio genetico per il morbo di Alzheimer o la perdita di volume del cervello”. Lo afferma Jenny L. Ulber, una studentessa di medicina alla MUSC nonché prima autrice dello studio.
Screening in funzione dell’ansia
Ancora non si può stabilire, però, come spiega la stessa Spampinato, se l’ansia possa essere considerata un sintomo dell’Alzheimer oppure se al contrario l’ansia contribuisce al declino cognitivo che poi facilita l’insorgenza dell’Alzheimer stesso.
Se ulteriori studi in futuro dovessero dimostrare definitivamente che l’ansia contribuisce all’Alzheimer, gli screening che oggi si effettuano per determinare i livelli cognitivi, e quindi i rischi di Alzheimer nei pazienti più anziani, dovranno per forza di cose adeguarsi e considerare anche i disturbi d’ansia.
Ad oggi, invece, i soggetti più anziani vengono di solito sottoposti più regolarmente agli screening per la depressione ma studi come questo mostrano che dovrebbero essere valutati anche i disturbi tipici dell’ansia. Trattare quest’ultima, potrebbe voler dire rallentare anche il declino cognitivo e quindi l’insorgenza dell’Alzheimer.