Secondo l’ordine degli architetti «il superbonus 110% può diventare una cura per le nostre “città malate”»
«Il superbonus 110% può diventare una cura per le nostre “città malate”. A patto che ci sia un’alleanza forte tra tecnici della pubblica amministrazione e liberi professionisti. E ancora, una visione complessiva degli interventi edilizi».
Il Superbonus e le agevolazioni fiscali legate al rilancio del settore dell’edilizia possono assumere un ruolo chiave. Questo nella trasformazione qualitativa dei territori. Soprattutto se vengono recepite come occasione di intervento collettivo e come miglioramento. Ciò non solo energetico dell’edificato, ma anche architettonico.
Combattere come contro una malattia
Prendendo spunto dalle recenti parole dell’attivista svedese Greta Thunberg sulla lotta al Coronavirus. “È la priorità assoluta e può darci una lezione anche sulla crisi ambientale. Se tratteremo in futuro il cambiamento climatico come una crisi, riusciremo davvero a cambiare qualcosa”. Gli architetti rilanciano con le parole della presidente dell’Ordine della Città Metropolitana di Cagliari e del Sud Sardegna Teresa De Montis. «Le nostre città e i nostri edifici devono essere considerati come organismi con patologie diffuse. Queste, per essere risolte, necessitano di una équipe di professionisti pubblici e privati. E ancora una diagnosi iniziale accurata e con tempi di guarigione congrui. Per questa ragione già il termine temporale del 31 dicembre 2021 deve essere rivisto. Ricalibrato sull’effettiva possibilità di progettare e costruire con qualità. I tempi di ricerca negli archivi cartacei degli uffici tecnici sardi sono il primo e complesso ostacolo».
Coniugare utile e bello
“Il superbonus è una misura che ha potenzialità enormi” ha dichiarato il Ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. La Presidente degli architetti aggiunge «solo se interpretato con una visione complessiva delle trasformazioni. Affinché gli investimenti possano avere efficacia e ristoro economico duraturo nel tempo. I singoli interventi privati devono essere coordinati. Ciò soprattutto nei piccoli centri, con una logica comune per amplificarne il risultato. Ed ottenere una diffusa e immediata qualità dell’ambiente. Non si può pensare che le grandi risorse messe in campo oggi siano limitate a far partire cantieri che, una volta conclusi, non generino nuove economie e nuove occasioni di lavoro. Nella stampa e nel web si è pubblicizzato come il contenimento dei consumi energetici migliorerà le residenze e ridurrà le emissioni dannose. Senza la ricerca compositiva per un edificato che sia anche più “bello” i nostri edifici non potranno dirsi “guariti” e le nostre comunità più sane».
L’importanza della collaborazione
«La componente progettuale è quindi determinante per un credibile disegno di futuro migliore- conclude la De Montis. -L’opportunità delle detrazioni e la sfida a immaginare un nuovo corso per l’edilizia negli ultimi settant’anni ha spesso prodotto costruzioni scadenti e dannose per la collettività. Questa può essere vinta solo con un’alleanza forte tra tecnici della Pubblica amministrazione e liberi professionisti. Proprio come sta cercando di fare Cagliari con l’Osservatorio per l’edilizia e l’urbanistica. Ciò nell’ottica di un obiettivo comune di ‘rilancio del sistema Sardegna’. Per questo bisogna abbandonare le posizioni di trincea per un dialogo di costante collaborazione. E ovviamente di risoluzione degli infiniti e sfiancanti intoppi normativi.
Occorre facilitare e promuovere una rivisitazione complessiva delle trasformazioni edilizie. Questo affinché la sommatoria degli interventi non porti ad un effimero maquillage. Ma a un progetto di sostanziale cambiamento del paesaggio urbano. Anche i cittadini beneficiari delle agevolazioni devono essere rassicurati in modo che abbiano fiducia sulla possibilità che le trasformazioni di qualità non incontrino ostacoli burocratici maggiori e che affidarsi ai professionisti non sussidiari alle aziende può essere di maggiore garanzia al rispetto delle regole».