Intervista ad Alessia Ceglia, in arte GEMA, che parla del suo singolo “Magari riesco a piangere”, dall’album “Magnifiche stupidità”.
Alessia Ceglia, in arte GEMA, ha 32 anni e vive a Torino. GEMA è un talento naturale che si palesa fin da giovanissima nella scena torinese. La grande sensibilità melodica e lirica rendono questo esordio unico nel panorama della musica leggera italiana femminile.
Un singolo, “Magari riesco a piangere”, intenso e accattivante in bilico tra soul e pop che anticipa il lavoro dell’intero album. Una voce fuori dagli schemi che racchiude colore e sensualità attraverso un timbro caldo dalle sfumature black. Un progetto che nasce dall’incontro di GEMA con Tony De Gruttola e Pino Monteverde, rispettivamente produttore artistico ed esecutivo.
Il canto è sempre stato la sua grande passione, che, col tempo, si è intersecata con quella per la scrittura. Negli anni del liceo, Alessia scriveva decine e decine di piccole composizioni “letterarie” che puntualmente chiudeva in qualche cassetto.
Conseguita la maturità classica, si iscrisse all’Università. Si fece immediatamente chiara la differenza tra eseguire ed eseguire interpretando, lasciando qualcosa di sé. La sua formazione artistica passò obbligatoriamente attraverso la scoperta di questo “segreto”, piccolo, ma prezioso.
L’esordio
Dal 1997 al 2000 Alessia fu la voce solista del progetto “Arx” (creato da Marcello Giordano e Alessia Mattalia). Questo la coinvolse esclusivamente da un punto di vista esecutivo. L’esperienza fu tuttavia significativa perché Alessia imparò non soltanto a lavorare in studio, ma anche ad affrontare sul palco un pubblico non più soltanto “amico” e “solidale”, ma decisamente critico e distaccato.
Lasciati gli Arx, Alessia decise di dedicarsi con più costanza agli studi universitari. Nel 2003, nei corridoi di Palazzo Nuovo, Alessia incontrò Luca Davi, impegnato musicalmente come chitarrista in una band che all’epoca muoveva i primi passi verso la realizzazione di un sogno discografico. Fu facile instaurare un ottimo feeling.
Inizialmente non ci fu l’interesse a suonare le proprie canzoni in “pubblico”, che rimasero circoscritte ad ambiti molto confidenziali e intimi. Forti dell’incoraggiamento di alcuni amici però, presero una decisione “rivoluzionaria”. Crearono una band, che prese il nome di Sòfa, un nome scelto per evocare sonorità soffici, mai troppo invasive.
Scelta artistica, questa, che si rifletteva senza dubbio anche nell’arrangiamento. Seguirono tre anni di costante lavoro. Nel frattempo entrarono a far parte dei Sòfa e ne divennero attori co-protagonisti musicisti/amici: Ivan, Mario, Ciccio, Mirko, Fulvio.
Ma una relazione artistica che si completa in una relazione sentimentale, incorre più facilmente nel grosso rischio di “crisi”, sempre in agguato. Nel settembre 2008 il progetto Sòfa si sgretolò contro l’iceberg della crisi di coppia dei due fondatori e la band si sciolse.
La svolta
Nel luglio del 2009, per il solito caso fortuito della vita, Alessia conobbe Tony De Gruttola, assistendo ad una sua esibizione. Immediatamente catturata dal talento del chitarrista, senza avere mai del tutto abbandonato l’idea di ricomporre una band, gli accennò una proposta. Voleva un progetto musicale nuovo, senza però tralasciare ciò che i Sòfa avevano cercato di esprimere durante la loro breve esistenza.
Presto, cavalcando l’onda dell’entusiasmo, videro la luce anche altre canzoni, nate da una collaborazione artistica molto gioiosa e fresca che si rivelò assolutamente simbiotica e intensa. Tony De Gruttola, che inizialmente aveva accettato di offrire la sua collaborazione più a livello di direzione artistica che di partecipazione esecutiva, decise senza troppi ripensamenti di diventare il chitarrista della band.
Non fu difficile coinvolgere altri musicisti: Daniel Bestonzo alle tastiere, Marco Lamagna al basso e Stefano Lori alla batteria. Il nome del progetto fu trasformato in GEMA, ricavandolo dal nomignolo con cui sua madre ancora la chiama.
Oggi tutto è pronto per il primo cd, in uscita a fine maggio, 11 tracce inedite al quale si è lavorato per un anno intero. La storia fin qui è questa. Ora si tratta di stare a vedere, ma il sapore dell’attesa, arrivati a questo punto, diventa dolcissimo.