Carlo e Francesca suggeriscono buone idee per migliorare il nostro mondo e quello dei nostri amici animali
Ogni anno, in particolare durante il periodo estivo, si ripresenta il problema degli animali abbandonati. Secondo la Lav (Lega anti-vivisezione), “si stima che ogni anno in Italia siano abbandonati una media di 80.000 gatti e 50.000 cani, più dell’80% dei quali rischia di morire in incidenti, di stenti o a causa di maltrattamenti”.
Si tratta appunto di stime e riferite ai soli cani e gatti. Non è possibile, in questo ambito, avere numeri precisi: l’Istat dichiara esplicitamente di non occuparsene. Sugli altri animali domestici (pesci, uccelli, tartarughe e via dicendo) non ci sono dati. Alla luce della loro numerosità, è però facile immaginare che vadano ad ingrossare la cifra totale.
Secondo un’indagine del Censis sul “valore sociale del medico veterinario”, sui 32 milioni e 180 mila animali da compagnia che ci sono in Italia, i più numerosi sono i volatili (13 milioni), seguiti da cani e gatti, appaiati a circa 7 milioni, da piccoli mammiferi come criceti e conigli (1,83 milioni), dai pesci (1,65 milioni) e dai rettili (1,36 milioni). I dati provengono, secondo quanto riporta il Censis, dalla Fediaf, la Federazione delle industrie produttrici di cibo per animali domestici.
Ma che cosa si rischia, dal punto di vista legale, per l’abbandono di animale?
L’abbandono è un reato
L’abbandono di animali è un reato in Italia da circa otto anni, mentre prima era punito solo con sanzioni amministrative. La pena prevista per chi “abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività” è l’arresto fino a un anno o l’ammenda da mille a diecimila euro.
La stessa pena è poi prevista anche per chi “detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.
Si parla qui di arresto (e non di reclusione) e di ammenda (e non di multa) perché il codice penale qualifica l’abbandono di animali non come un delitto, cioè la forma più grave di reato, ma come una contravvenzione.
Se si considera che la “stragrande maggioranza delle denunce” per il reato riguarda la detenzione di animali in condizioni di sofferenza, “si evince che il numero dei casi di abbandono effettivamente denunciati è davvero marginale“.
Insomma, nonostante sia stato previsto un apposito reato, le denunce hanno ancora dei numeri molto scarsi rispetto alle stime del numero di abbandoni ogni anno.