Antonio Gramsci è stato il più importante intellettuale italiano del Novecento, fondatore e dirigente del Partito Comunista, arrestato dal fascismo nel 1926 e detenuto in carcere fino alla morte.
Gioventù
Antonio Gramsci nasce ad Ales, in Sardegna, il 22 gennaio 1891, quarto dei sette figli avuti da Francesco Gramsci e Giuseppina Marcias.
Nel 1905 riesce ad iscriversi al liceo-ginnasio di Santu Lussurgiu, mentre nel 1908 cambia e approda al liceo Dettori di Cagliari, città dove in pratica comincia a condurre una vita autonoma. Inizia a leggere la stampa socialista che il fratello Gennaro gli invia da Torino. Insieme a molti giovani del liceo Dettori, Gramsci partecipa alle “battaglie” per l’affermazione del libero pensiero e a discussioni di carattere culturale e politico.
A vent’anni, nel 1911, Gramsci vinse una borsa di studio per iscriversi all’Università a Torino e, dalla Sardegna, si trasferì lì. All’epoca, Torino era la principale città industriale d’Italia.
Gramsci era già un socialista in Sardegna, aveva studiato Marx e leggeva riviste dedicate, Ma fu l’incontro con la classe operaia torinese a trasformare quell’iniziale «curiosità intellettuale» in una scelta di impegno politico che avrebbe determinato il resto della sua vita.
Arresto
Antonio Gramsci, in violazione dell’immunità parlamentare, viene arrestato a Roma e rinchiuso nel carcere di Regina Coeli.
Il processo a ventidue imputati comunisti, fra i quali Umberto Terracini, Mauro Scoccimarro e Giovanni Roveda, iniziò sempre a Roma il 28 maggio 1928.
E’ accusato di attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e incitamento all’odio di classe. Il pubblico ministero Isgrò concluse la sua requisitoria con una frase rimasta famosa: «Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare»; e infatti Gramsci, il 4 giugno, venne condannato a venti anni, quattro mesi e cinque giorni di reclusione; il 19 luglio raggiunse il carcere di Turi, in provincia di Bari.