La filosofia del linguaggio si occupa del linguaggio umano e delle varie forme di comunicazione tra gli esseri umani
La filosofia del linguaggio si occupa del linguaggio umano e dei suoi sistemi di comunicazione. Poiché indaga le relazioni tra linguaggio, pensiero e realtà la filosofia del linguaggio si pone al confine con altre discipline quali la psicologia, metafisica, l’ epistemologia, la logica, la linguistica, la semiotica. Studia quindi il rapporto tra segno e significato e la capacità umana di usarli nella comunicazione.
L’ epoca arcaica
In epoca arcaica non si distingueva tra parola e cosa: la differenza tra il linguaggio e ogni simbolo riferibile alla realtà si afferma infatti in Grecia in un periodo successivo intercorrente tra il VI e il III secolo a.C.
Le prove di questa indistinzione tra linguaggio e realtà sono nell’ analisi di diverse culture primitive dove sussisteva la convinzione che conoscere il nome del nemico volesse dire esserne padroni e poterlo così sconfiggere.
Così anche in molte teogonie orientali come nel poema babilonese Enûma Eliš, che tratta della creazione e nei testi indiani come la Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad e il Ṛgveda. Anche nelle credenze religiose sumere, egiziane e anche romane. Il dio creatore è colui che crea pronunciando il nome della cosa creata. Senza nome non esiste la cosa e il nome dà realtà alla cosa.
Così anche nella Bibbia nel testo della Genesi Dio crea la luce pronunciandone il nome. Adamo poi assegna un nome agli animali stabilisce la predominanza dell’ uomo, signore della natura.
Naturalismo
Con il progredire della riflessione filosofica si comincia a dubitare della identità tra nome e realtà. Ci si chiede se il linguaggio sia un fatto naturale o convenzionale. Secondo un primitivo naturalismo si crede che il linguaggio sia una rappresentazione fonica della cosa in grado di esprimerne l’ essenza.
Un altro problema da definire è quello per il quale ci si chiede se il linguaggio procuri conoscenza. Per i naturalisti lo studio del linguaggio comporta la conoscenza della realtà. In ciò è un valido sussidio per gli antichi l’ etimologia, una forma di sapere legata al nome. Secondo i convenzionalisti invece il nome non è di per sé conoscenza ma semplice strumento per ottenere informazioni.
Il 900
Nel corso del ventesimo secolo diversi altri approcci, non sempre convergenti con quello del linguista ginevrino, hanno approfondito lo studio di questa attività umana. I recenti mezzi di indagine scientifica hanno dato notevole impulso, consentendo di esplorare più approfonditamente i rapporti che legano l’ espressione verbale all’ attività cerebrale. Tali sviluppi hanno peraltro comportato un certo cambiamento di orizzonte della disciplina. Essa ha preso ad abbandonare l’ area logico-strutturalista per essere sempre più strettamente connessa alla filosofia della mente. Non mancano tuttavia approcci meno funzionalistici, ad opera tra l’ altro di Noam Chomsky, teorizzatore di una grammatica generativa comune a tutte le lingue.
Il XX secolo ha diviso la filosofia del linguaggio in vari filoni, diversi per le nozioni e, a volte, per l’ appartenenza geografica dei sostenitori. I ilosofi del linguaggio americani hanno in diverse occasioni lavorato in maniera indipendente dagli europei. Hanno prodotto circostanze peculiari e inventando ex novo teorie in Europa già discusse e decadute).