Il quartiere Villanova di Cagliari custodisce un tesoro archeologico da preservare si tratta di una necropoli.
L’area di cui si parla si trova in vico III Lanusei a Cagliari, in una zona nascosta alla vista perché compresa tra il muro dell’ex Manifattura tabacchi e i palazzi di via XX settembre. Il sito archeologico è un tesoro a cielo aperto esteso circa 1 ettaro: durante le indagini archeologiche sono stati individuati resti di edifici in blocchi calcarei utilizzati per un lungo arco di tempo a partire dall’età tardo repubblicana. Sono state trovate inoltre numerose sepolture di prima età imperiale. Probabilmente il sito faceva parte dell’estesa necropoli romana di Carales.
L’area è in condizione di abbandono. Nella prima metà del V secolo d.C. un settore dell’area fu livellato sino alla roccia, eliminando parte degli edifici di età repubblicana e distruggendo le tombe di età imperiale. Con i materiali recuperati dall’abbattimento delle strutture precedenti (blocchi squadrati, pietre, cippi funerari, sarcofagi) si costruì un nuovo edificio composto da tre ambienti. La struttura aveva all’inizio funzione abitativa e, successivamente, fu trasformata in mausoleo, assumendo, così, un ruolo funerario e cultuale.
Nel pavimento furono inserite quattro sepolture, tre delle quali attorniavano un altare, che fu costruito obliterando uno degli ingressi. Dai reperti recuperati nel piano delle tombe (resti di ossa animali, gusci di molluschi, frammenti di calici in vetro e di ceramica da mensa), si è dedotto che nel mausoleo, almeno sino alla metà del VI secolo d.C., si svolgevano libagioni in onore dei defunti (rituali funerari consistenti nel consumo di pasti e bevande presso le sepolture).
Nel deposito di terra che documenta la fase di abbandono dell’edificio, prima che un incendio lo distruggesse definitivamente, sono state recuperate alcune monete in bronzo databili al VII-VIII secolo d.C. e due valve di un piccolo stampo in pietra per la realizzazione di gioielli.
Sono stati, inoltre, rinvenuti numerosissimi manufatti ceramici, ma anche oggetti in vetro, osso, metallo, marmo e resti ossei animali, pertinenti ad un lunghissimo arco di tempo che va all’età tardo-repubblicana all’Ottocento, che lasciano capire come l’area, dopo la distruzione dell’edificio, sia stata trasformata in una discarica, identificabile, forse, con il “montonargio” o “sterquilio de Jesus”, di cui dicono i documenti del XVI secolo.