Il Sian: “Abbiamo studiato i menù più adatti agli scolari partendo dalle materie prime locali”
Lenticchie con la fregola, polpette, gnocchetti alla campidanese, pane civraxiu, miele, yogurt, tutto rigorosamente a chilometro zero. Un viaggio breve dalla terra alla tavola, direttamente sui piatti dei piccoli alunni delle scuole dell’infanzia e primarie del Medio Campidano. E’ il risultato del progetto “Satu po imparai” (“In campagna per imparare”) nato per ricostruire il contatto con la terra fin da piccoli, rinsaldare il rapporto tra i bambini e la campagna, per fare in modo che a recuperare, custodire e valorizzare il patrimonio di saperi e sapori del mondo rurale del Medio Campidano siano proprio i più piccoli, i cittadini di domani. L’iniziativa territoriale di educazione alimentare, ambientale, sulla cultura rurale e sulla ristorazione scolastica di qualità a chilometro zero e sostenibile, è realizzata dal tavolo tecnico Sian, Servizio di Igiene degli alimenti e della nutrizione della Ats – Assl di Sanluri, Provincia del Medio Campidano insieme ad Agenzia Laore Sardegna, Associazione delle Fattorie didattiche del Medio Campidano, Università degli studi di Cagliari, con la collaborazione di Comuni, gestori delle mense scolastiche, scuole dell’infanzia, primaria e secondarie di primo grado del Medio Campidano. I risultati del progetto sono stati presentati qualche giorno fa a Samassi nel corso di un convegno. Satu Po imparai va avanti ormai dal 2011 e si realizza su tre direzioni: percorsi didattici, rete delle fattorie didattiche e tavolo delle mense scolastiche.
“Siamo partiti dall’analisi della situazione mense scolastiche del territorio per elaborare poi un capitolato d’appalto tipo sulla ristorazione scolastica di qualità che fosse a chilometro zero e sostenibile”, spiega Marina Donatini, responsabile del settore Sorveglianza e prevenzione nutrizionale del Sian. “Abbiamo studiato i menù più adatti ai bambini partendo dalle materie prime locali della filiera corta, rafforzando la collaborazione per l’impiego dell’acqua di rete, assistendo i gestori nell’individuazione di produttori agricoli fornitori di alimenti, monitorando gli scarti per capire quali fossero gli alimenti meno graditi dai piccoli, come minestrone, pesce e verdure. Abbiamo collaborato per la realizzazione dei piani di educazione alimentare delle mense fornendo raccomandazioni sulla corretta quantità da somministrare, evitando “il bis” soprattutto del primo piatto, sperimentando i formaggi da grattugia a base di latte di pecora con basso contenuto in sale. E infine abbiamo incontrato i genitori per la presentazione degli alimenti e dei menù”. I medici e i tecnici della Prevenzione del Sian, Servizio di Igiene degli alimenti e della nutrizione della Ats – Assl di Sanluri, hanno avuto parte attiva in tutto il progetto e, in particolare, nel tavolo delle mense scolastiche, mettendo in rete la loro professionalità nella promozione della corretta alimentazione, in particolare nella ristorazione scolastica, con grande attenzione alla qualità nutrizionale e alla sicurezza dei cibi che vengono serviti ai bambini.
“La direzione dell’Area sanitaria locale di Sanluri supporta con convinzione queste iniziative ed esprime il proprio plauso agli operatori perché sono iniziative che avvicinano i servizi sanitari alle comunità per le quali lavorano”, afferma Antonio Onnis, direttore di Ats – Assl Sanluri.
Un lavoro costante, quello degli esperti del Sian di Ats – Assl Sanluri, che è stato ripagato dai risultati del monitoraggio realizzato dal Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni dell’Università degli studi di Cagliari, da Aide Esu, professore associato e Silvia Doneddu, sociologa: i genitori sono soddisfatti e i piccoli scolari entusiasti per la mensa e i percorsi didattici in fattoria. Ma c’è di più: i bambini chiedono ai genitori di mangiare a casa i cibi della mensa scolastica.
L’indagine
Il monitoraggio per l’anno scolastico 2015/2016 ha interessato 143 bambini di quattro classi di tre scuole dell’infanzia di Gonnosfanadiga, Pabillonis, Villamar, Segariu e della scuola primaria di Collinas; per il 2016/2017 ha coinvolto 87 bambini di due classi della scuola dell’infanzia di Samassi e della primaria di Collinas.
“I racconti, in generale, sottolineano che i bambini sono contenti e soddisfatti di ciò che si consuma in mensa e non si rilevano critiche”, spiegano le professoresse Esu e Doneddu. “Questo risultato si deve alla coincidenza di due fondamentali elementi: il coordinamento istituzionale, diretto alla stesura di un capitolato che ha potuto garantire un servizio basato sulla qualità, prodotti locali, biologici, a filiera corta, a chilometro zero, alla possibilità di avere i centri di cottura in loco (o comunque di prossimità rispetto alla somministrazione del cibo) e una coscienza istituzionale che garantisca un approccio centrale del ruolo della mensa nei comuni. Importantissima la professionalità del servizio garantita da gestori esperti, innovativi, in continuo aggiornamento, che uniscono a questo elementi di tipo qualitativo e immateriale: la passione per il lavoro, la capacità di costruire reti e relazioni, la flessibilità e la capacità di ascoltare e trasferire questi elementi nei loro servizi”.
In modo particolare l’indagine si è soffermata su aspetti relativi alla socialità del cibo, per verificare quanto per i genitori e quindi per i bambini sia rilevante nell’accettazione di nuovi prodotti il consumo con i compagni di classe. “Si dichiarano largamente d’accordo (valori superiori dell’80 per cento in entrambe le province) sul fatto che il consumo in mensa faciliti l’assaggio e l’accettazione di nuovi cibi e che questo generi un processo di cambiamento e aiuti ad introdurre nel paniere domestico nuovi cibi. La variabile della socialità, della condivisione, della comunione del cibo nello stesso spazio nel quale si ritrovano coetanei, amici, compagni, permette di costruire un nuovo luogo di conoscenza e sperimentazione sconnesso dalle abitudini alimentari affermate nella sfera familiare. Inoltre tutti i bambini consumano lo stesso cibo. Questo è un importante elemento di democrazia e uguaglianza che stimola il senso di comunità e condivisione che si amplifica con la pratica nelle fattorie didattiche dove si impara da dove viene il cibo e il rispetto per chi lo produce”, concludono le sociologhe.