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“Trio”, la mostra di Marcello Simeone dedicata alla musica

Intime relazioni tra visualità e musica, unite all’inclinazione per la materia umanizzata, vissuta. Questa, la ricerca artistica di Marcello Simeone.

Marcello Simeone parla dell’immortalità di musica e sinestesie. Che le sinestesie rechino con sé estremo fascino è cosa risaputa ‒ sinestesia significa, in fondo, un rimescolarsi di sensi. Almeno dal momento in cui, per limitarci alla modernità, Isaac Newton decise che sette dovevano essere anche i colori dello spettro solare.

Fu Mozart, soprattutto, ad asserire la possibilità di percepire i colori dei suoni. Sul secondo fronte correrebbe l’obbligo di citare Klimt e Kandinskij, antesignani di una gran messe di sperimentatori, impegnati a scandagliare le interazioni tra linguaggi espressivi.

Alla fine degli anni Venti, di musica visuale parlava invece il regista tedesco Oskar Fischinger, celebre per aver sincronizzato nei suoi cortometraggi forme astratte e brani classici, con il supporto di un’aggiornata tecnologia.

L’innovazione tecnologica, sentita complementare all’identità, illumina letteralmente la complementarietà di materia e immaterialità in questo corpus di lavori. A questo si attinge Simeone che  ha guardato ad alcuni dei più grandi monumenti della musica di tutti i tempi.

Ad esempio, le Variazioni per clavicembalo universalmente conosciute con il nome, apocrifo, di Goldberg, composte da Johann Sebastian Bach fra il 1741 e il 1745, ineguagliabili in perfezione tecnica e portata emotiva. E il Trio per pianoforte, violino e violoncello in mi bemolle maggiore (1827) di Franz Schubert.

Grazie agli impulsi di un software appositamente progettato dall’interactive designer Giulio Lai, l’artista ha transcodificato in vibrazioni di luce le partiture musicali.

Infatti, la luce interseca la trasparenza del vetro, i cui moduli cromatici ‒ referente pittorico sembrano essere i dipinti dello statunitense Morris Louis – rendono visibile la simmetria intrinseca ai trentadue elementi del capolavoro di Bach e alla struttura formale del Trio di Schubert.

Oltre la dimensione visibile, un progetto questo dove musica, arte e innovazione si intrecciano per rispondere alle domande sull’essere e il suo contrario, sulla vita e quello che viene dopo la vita. Giochi di luce per vedere ciò che nasce per non essere visto (ma udito), linguaggi che assumono forme digitali nello spazio del non detto.

About Jessica Noli

Ho la laurea in "Lingue e Comunicazione", conseguita nel 2016. Mi interessa il mondo della comunicazione, a 360 gradi. Mi piacciono gli aeroporti, perché amo viaggiare così come amo tornare a casa; leggere, scrivere; hard rock e heavy metal.

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