Martedì 29 maggio 2018 alle ore 21.00 al Teatro Alkestis di Cagliari sarà presentato un evento cinematografico che avrà per protagonista il film “Transfert”
Un dramma corale sullo schermo del Teatro Alkestis che esamina e scompone la psicopatologia dei suoi personaggi, le loro dinamiche relazionali, spesso saldamente connesse a fattori inconsci. Attraverso questo film il regista consente allo spettatore di compiere un viaggio all’interno della psiche. Un’opera prima in grado di proporsi al di là dei confini nazionali senza aver nulla da invidiare a nessuno.
Breve sinossi del film:
Stefano Sofia è un giovane psicoterapeuta che si deve confrontare con pazienti non facili nei confronti dei quali dimostra interesse e sensibilità. Fino a quando non gli si presenta il caso di due sorelle che vanno in analisi convinte, ognuna per la sua parte, che sia l’altra ad averne bisogno. Non sarà facile per lui confrontarsi con le loro tensioni emotive. Massimiliano Russo alla sua opera prima fa centro grazie a una sceneggiatura capace di attrarre l’attenzione sin dalle prime battute. Si potrebbe dire che la strada gliel’ha spianata In Treatment rendendo mediaticamente coinvolgenti delle sedute tra terapeuta e paziente seduti uno di fronte all’altro.
Russo però non approfitta della situazione per offrirci una sorta di ‘seguito’ cinematografico ma interviene con grande originalità sull’elemento di base per consentirci di compiere un viaggio all’interno di una psiche. La definizione di transfert che si trova su Wikipedia potrebbe mettere sull’avviso. È la seguente: “Il transfert (o traslazione) è un meccanismo mentale per il quale l’individuo tende a spostare schemi di sentimenti, emozioni e pensieri da una relazione significante passata a una persona coinvolta in una relazione interpersonale attuale. Il processo è largamente inconscio ovvero il soggetto non comprende completamente da dove si originino tali sentimenti, emozioni e pensieri. Il transfert è fortemente connesso alle relazioni oggettuali della nostra infanzia e le ricalca.” L’invito allo spettatore è però quello di non cercare di sapere di più per farsi coinvolgere da uno sviluppo dell’azione che testimonia della professionalità e della padronanza degli strumenti della scrittura da parte di Russo.
Il quale si colloca poi sia dietro che davanti la camera cucendosi su misura un ruolo determinante ma lasciando quello del protagonista ad Alberto Mica che sa come gestire le diverse fasi emotive che attraversa il suo Stefano. Il quale passa dall’autocontrollo imposto dalla professione a tensioni la cui spiegazione è complessa. Lo spettatore viene spinto ad empatizzare con lui mentre progressivamente fa la conoscenza dei suoi non facili pazienti. Non è esperienza frequente quella di trovare un’opera prima italiana così controllata su tutti i piani (ivi compreso quello della recitazione di tutti gli attori) che sia in grado di proporsi al di là dei confini nazionali senza aver nulla da invidiare a nessuno.