Archeologia: trovati a Capo Sant’Elia due ceppi d’ancora di epoca romana

Recuperati a capo Sant’Elia due reperti archeologici di interesse storico-scientifico di epoca romana

Durante un controllo nello spazio acqueo antistante il Capo Sant’Elia a Cagliari, ad una profondità di circa 40 metri, i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale e del Nucleo subacquei hanno individuato e recuperato due ceppi d’ancora in piombo di epoca romana del periodo tardo repubblicano (I sec. a.C. – II sec. d.C.), della lunghezza di 135 cm.

I reperti recuperati rivestono un notevole interesse storico-scientifico e sono attualmente in fase di studio da parte dei funzionari archeologi della Soprintendenza di Cagliari. Questo recupero rientra nell’attività di controllo delle aree marine protette e dei siti archeologici subacquei del sud Sardegna, finalizzata anche a prevenire gli illeciti ai danni del patrimonio paesaggistico costiero e del patrimonio culturale.

Il promontorio di S. Elia, caratterizzato da una serie sconnessa di rocce calcaree, di grotte naturali e falesie biancheggianti, divide in due il Golfo degli Angeli. Nella sua sommità sorgono il Faro e il Fortino di Sant’Ignazio. Capo Sant’Elia è un promontorio della Sardegna meridionale, costituisce la barriera naturale che separa il Golfo di Cagliari dal Golfo di Quartu S.E.Il promontorio è di costituzione calcarea, privo di vegetazione consistente, il suo punto più alto, abbastanza panoramico, si trova a circa 54 metri s.l.m.

La stazione segnali con relativi alloggi è realizzata sulla sommità del promontorio in adiacenza con l’omonimo Faro, è raggiungibile attraverso la strada comunale che collega il sito con il viale Calamosca. La prima fortificazione sorta sul promontorio cagliaritano fu la Torre di S.Elia, manufatto di forma cilindrica edificato nel 1282 dal capomastro Bartolomeus Provincialis  al tempo dei castellani Colo Frapani e Bondo Camulitano. Non molto diverse erano le torri di guardia del periodo spagnolo, trattandosi di costruzioni alte una decina di metri, con murature perimetrali di ridotto spessore, e articolate su due livelli: camera del presidio e terrazza, detta Piazza d’armi. Per ragioni difensive l’ingresso era sopraelevato  e disposto sul fianco rivolto verso terra. Il piano inferiore era costituito da un ambiente a pianta circolare con copertura a cupola e si accedeva al livello superiore , destinato al servizio di vedetta, mediante una botola ricavata nella volta, raggiungibile con una scala a pioli. La difesa di questo tipo di opere era affidata alle armi individuali dei torrieri : balestra, daga e archibugio. La torre pisana, con la sua modesta guarnigione di due uomini, che vi prestavano servizio solo nella buona stagione, fu per tre secoli l’unico presidio del Capo S.Elia. Dopo l’attacco barbaresco del 1582,  che interessò i villaggi di Quarto, Pirri, Monserrato e Quartucciu,  se ne costruirono altre due:  la Turris Muscarum ,  a Calamosca,   e  quella di Cala Bernat , identificabile con la Torre Perdusemini ,  situata  presso l’ex-Parco Torpedini della Marina Militare.

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