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Francesco Abate dieci anni dopo: quella “cocciuta voglia di vivere”!
Francesco Abate si racconta ai microfoni di Unica Radio, poco prima dello spettacolo-reading che lo vede protagonista, insieme a Giacomo Casti, Marco Noce e Matteo Sau, dell’anteprima della XVI edizione del festival Marina Cafè Noir, al Chiostro di San Domenico.
A dieci anni dal trapianto di fegato che gli ha “ridato” la vita, oltre ad avergliela tanto cambiata, e a distanza di otto anni da Chiedo scusa –pubblicato a due mani con Saverio Mastrofranco alias Valerio Mastandrea– lo scrittore e giornalista cagliaritano presenta il suo nuovo libro Torpedone Trapiantati -ancora una volta con Einaudi, Stile Libero– , legato a doppio filo al precedente.
La storia del romanzo è quella di una “comitiva di sopravvissuti”: un gruppo eterogeneo di persone che hanno ricevuto “il dono” e sono quindi entrati, di diritto, nel registro dei trapiantati; ma è anche il racconto di chi ci ha provato e non ce l’ha fatta.
Con comicità e tanta autoironia Abate si mette a nudo, questa volta senza il bisogno di nascondersi dietro Valter, suo alter ego in Chiedo scusa, e racconta di una delle tante rimpatriate tra trapiantati e le loro rispettive famiglie a cui non ha, sulle prime, tanta voglia di andare ma a cui verrà trascinato per un orecchio dalla mamma: figura sempre presente e importantissima nei suoi racconti.
Attraverso la scrittura l’autore sublima e dissacra tante situazioni, talvolta anche molto delicate, e affronta tematiche di spessore, quali l’importanza di essere donatori o la necessità di ricordare chi ha lottato fino all’ultimo ma ha perso la battaglia con la vita, soprattutto quando rimangono figli troppo giovani, orfani di padri o madri il cui ricordo potrebbe sbiadire con l’avanzare dell’età, se non allenato.
Procede così Torpedone trapiantati, tra rievocazioni di periodi bui, l’omaggio a Cinzia -cui Abate deve la sua seconda nascita- e la voglia di andare avanti consapevoli di avere, come tutti, una “data di scadenza” ma risoluti nel viversi ogni giorno come se fosse l’ultimo, andando a cento all’ora!
ASCOLTA L’INTERVISTA A FRANCESCO ABATE