Il primo viaggio discografico dei Viito nel mare dell’incoscienza post-adolescienziale in una Roma pop e romantica.
I Lùnapop hanno lasciato un segno deciso e ben decifrabile nella musica italiana. Volenti o nolenti, quando hai vent’anni e decidi di scrivere un pezzo pop, ti scontri con l’irruenza e l’influenza di un disco come “…Squérez?“. Sono passati diciannove anni da quel disco-rivoluzione che scatena una romantica nostalgia nei confronti delle “vespe truccate anni 50”, perché “c’è qualcosa di grande tra di noi” e “se ci sarai, io ci sarò”. Sicuramente anche i Viito con Troppoforte sono caduti nella trappola benevola di Cremonini e compagni, ma non solo.
Il disco, anticipato fortunatamente da buoni singoli come “Bella come Roma” e “Industria porno”, si apre con la title track: schitarrate sporche che ricordano il pop-punk con l’attitudine post-adolescenziale di fare tutto al limite, tutto troppo forte, tutto senza freni. La giusta sbefferdaggine per provocare e darsi un tono ribelle, ma con la voglia di vivere in una canzone di Rino Gaetano o Lucio Dalla (il primo di una serie di umili e giusti tributi ai Grandi Maestri).
Il disco prosegue con il primo singolo del duo campano-romano, “Bella come Roma”, uno dei tanti tributi alla Capitale contenuti nell’album, con quel stronza che ricorda un po’ troppo Marco Masini ma che funziona sempre. I due ragazzacci del nuovo pop che avanza osano parecchio, rivisitando addirittura Albachiara di Vasco: cantare la strada, la mela e i libri di scuola è una grossa responsabilità, ma pare che rischiare non sia un problema per loro.
“Tempi migliori” è la prima traccia che si incontra con un ritmo più lento: qualche luogo comune post-adolescenziale qua e là come la voglia di fuggire dai genitori e vivere tempi migliori. Non è la migliore canzone ma fila liscia. “Compro Oro” ha l’intro facilmente confondibile con una traccia di Liberato, ma poi cambia tutto perché si parla di Roma e non della città partenopea: riferimenti al mare, alla trap, al Pigneto che sembra Dubai. Abbiamo capito che ai Viito piace vivere a Roma, forse anche troppo, ma questo pezzo ha un tiro invidiabile: da cantare a squarciagola sotto il palco.
Stavamo parlando ancora di Roma? Si, infatti arriva “Una festa”: triste ballata introspettiva e nostalgica. La pioggia che sbatte contro una finestra di un appartamento romano è un’immagine immediata, romantica e che farà innamorare tantissime teenager. Magari qualcuna di loro attaccherà in cameretta il poster dei Viito o lancerà un reggiseno al loro concerto.
Gli italiani stavano iniziando a dimenticare la delusione per la mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali 2018, ma in netto ritardo arrivano i giovanotti Roma-dipendenti a riproporre con “Mondiali” questa batosta sportiva. La citazione dell’inno italiano in versione dance è quel tocco tamarro che mancava. Finalmente capiamo che i Viito hanno studiato almeno un po’ di geografia con “Lisbona”, un brano struggente, ben arrangiato, commovente: la giusta colonna sonora per affrontare una delusione amorosa prima di una sbronza. Quasi perfetta.
Il viaggio d’esordio dei Viito continua con “Cerco l’estate”, un cenno di reggae e la pretesa (neanche tanto celata) di riempire le casse dei chioschi sulla spiaggia nei pomeriggi d’estate. Una quasi hit che, se fosse uscita negli anni 90, Fiorello avrebbe potuto far cantare nel suo mitico karaoke. “Industria porno” entra in testa e sembra non voler andare via. Quando canti la parola porno però è più facile vincere e quel tocco da “sporcaccioni” è sempre un’evergreen. “Esami” chiude i giochi con un’atmosfera da stress universitario, adatta per gli accendini a un concerto, da ascoltare prima di una sessione invernale d’esami.
Bravi, giovani e incoscienti al punto giusto. L’ombra dei Lùnapop si sente, ma suona bene. Il graffio vocale ricorda il giovane Grignani de L’aiuola e Destinazione Paradiso. Troppo presente Roma, magari qualche viaggio lungo la penisola con il tour potrà colmare le lacune scolastiche in geografia. Promossi discretamente.