occupazione in sardegna

Occupazione: in Sardegna si assume di più rispetto all’anno scorso

Occupazione: in Sardegna si assume di più rispetto all’anno scorso ma la ripresa è più lenta rispetto al resto d’Italia.

A luglio sono stati registrati 4mila posti di lavoro più dell’anno scorso, ad agosto 1.400, a settembre 1.500. Nell’ultimo trimestre le imprese isolane hanno indicato 30mila lavoratori in ingresso: lo scorso anno erano poco meno di 23mila. Circa il 13,2% delle imprese isolane ha indicato nuove assunzioni (lo scorso anno la percentuale era del 12,5%): eppure la media italiana è molto più alta (14,7% ). Il gap rispetto alla media nazionale dell’occupazione va ricercato nella scarsa fiducia delle imprese di costruzioni e manifatturiere. Reggono i servizi grazie al turismo che però soffre ancora di una eccessiva stagionalità

Piras e Porcu (CNA): Occorre rilanciare i settori dell’edilizia e del manufatturiero intervenendo immediatamente con politiche in grado di sostenere il mercato interno e dare respiro alle imprese più piccole. Bisogna inoltre puntare sul turismo diversificando gli arrivi e creando un sistema di accoglienza sostenibile, continuativo e territorialmente omogeneo

Nonostante un netto aumento di assunzioni rispetto allo scorso anno in Sardegna la ripresa prosegue a ritmi più lenti rispetto alla media nazionale e la fiducia delle imprese isolane è ancora molto blanda. E’ quanto si evince da uno studio della Cna Sardegna che analizza le rilevazioni mensili sulle aspettative di assunzione da parte delle aziende sarde effettuate dal sistema informativo Excelsior di Unioncamere. Tali dati – che fotografano in maniera efficace il livello di fiducia del sistema imprenditoriale isolano rispetto all’evoluzione della congiuntura regionale e nazionale – evidenziano che nell’ultimo trimestre le imprese sarde hanno indicato circa 30 mila unità lavorative in ingresso: un risultato positivo che supera abbondantemente le indicazioni fornite un anno fa (22.980 ingressi nello stesso periodo del 2017). In pratica circa il 13,2% delle imprese sarde ha indicato movimenti in entrata di lavoratori, percentuale in crescita rispetto al 12,5% dell’anno passato, eppure il dato sardo è significativamente inferiore rispetto alla media italiana (+14,7%), a testimoniare una ripresa economica regionale meno robusta (un anno fa i due dati erano in perfetto accordo).

L’andamento delle assunzioni in SardegnaLa rilevazione trimestrale evidenzia un miglioramento della situazione occupazionale anche relativamente ai dati mensili: rispetto all’anno passato a luglio sono stati registrati nell’isola 4 mila posti di lavoro in più, ad agosto 1.400 e a settembre circa 1.500.  

Come detto nell’ultimo trimestre circa il 13,2% delle imprese ha indicato movimenti in entrata di lavoratori, una percentuale in crescita rispetto al 12,5% dell’anno passato. Eppure il dato sardo è significativamente inferiore rispetto al dato medio italiano (14,7% nazionale).

La differenza col dato nazionale va ricercata per lo più nella scarsa fiducia delle imprese di costruzioni e di quelle manifatturiere. Solo il 9,1% delle imprese di costruzioni ha infatti indicato aspettative positive di assunzione contro il 12% registrato al livello nazionale. Appare dunque evidente che nonostante le confortanti indicazioni che arrivano da compravendite, credito e attività edilizia, il settore delle costruzioni regionale fatichi ancora ad avviare un nuovo ciclo espansivo in grado di ripristinare parte dell’occupazione persa durante la dura fase di crisi: 20 mila occupati in meno tra 2009 e 2017, un calo del -34%, da confrontare con il -3,8% del totale dell’economia.

Ancora più accentuato è il gap di fiducia che si osserva tra dato regionale e dato nazionale relativo alle assunzioni delle imprese manifatturiere (circa 4 punti percentuali). Tale circostanza si lega in parte alla minore vocazione all’export delle imprese sarde. D’altra parte, rileva l’analisi della Cna Sardegna, sono proprio le aziende più strutturate a mostrare la distanza maggiore con la media nazionale: tra le imprese con più di 250 addetti, infatti, il 53% indica il ricorso a nuove assunzioni tra luglio e settembre, contro il 61% della media nazionale. Tra le aziende sarde più piccole (1-49 addetti) chi assume è solo l’8,2% del totale, a testimonianza di una ripresa del mercato interno ancora stentata.

Altra indicazione interessante proviene dall’analisi del tasso di entrata di dipendenti nelle imprese del settore turistico (numero di assunzioni in rapporto ai dipendenti già presenti in azienda nella media del periodo). Oltre ad indicare una sostanziale tenuta dei livelli occupazionali rispetto al 2017 (anno record per il turismo in Sardegna con oltre 3 milioni di arrivi nelle strutture ricettive), il confronto con l’andamento nazionale dimostra, per l’ennesima volta, la forte stagionalità di cui soffre il turismo regionale: i tassi di ingresso dei lavoratori stagionali sono infatti arrivati al 27% a maggio, al 26% a giugno e al 25% a luglio (in linea con il dato del 2017), contro poco più del 10% che si registra per la media nazionale.

L’analisi della Cna

Nonostante i dati sulle aspettative di assunzione delle imprese indichino un miglioramento del contesto congiunturale”, commentano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario nazionale della Cna Sardegna. “La differenza rispetto agli indici di fiducia registrati al livello nazionale rileva come la ripresa in Sardegna prosegua a ritmi inferiori rispetto al resto della Penisola. Il ritardo maggiore – spiegano i vertici dell’associazione artigiana – si registra nei settori dell’edilizia e del manifatturiero, soprattutto tra le imprese di piccole dimensioni, a testimoniare la necessità di intervenire con più decisione con politiche che possano sostenere il mercato interno. Il settore dei servizi, di contro, mostra indicazioni positive, anche grazie alle performance del settore turistico, che ha beneficiato di una stagione che potrebbe aver confermato gli importanti risultati dell’anno passato. La forte stagionalità, cui si aggiunge una scarsa diversificazione territoriale degli arrivi, continua però a porre un grosso limite alla capacità del settore di impattare sul sistema economico regionale e di farlo in maniera più sostenibile, continuativa e territorialmente omogenea”.

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