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Raggiunti in Italia i 200 Gigabit al secondo

La Rete della ricerca GARR raggiunge i 200 Gigabit. Si tratta della prima sede in Italia a poter vantare una connessione alla rete geografica globale di tali dimensioni

Con la velocità finora mai raggiunta di 200 Gigabit al secondo, il CNAF, il centro nazionale di calcolo dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è la prima sede in Italia a poter vantare una connessione alla rete geografica globale di tali dimensioni grazie alla stretta collaborazione con la rete della ricerca GARR.

Il collegamento permette oggi al CNAF di essere interconnesso, attraverso la rete della ricerca GARR, con l’intero sistema mondiale delle reti della ricerca ed in particolare con il CERN di Ginevra, dove è prodotta l’enorme mole di dati dell’acceleratore LHC, e con gli altri centri nazionali dove vengono distribuiti e analizzati i dati scientifici.

Parliamo di un volume di dati scambiati finora nel 2018 pari a 61 PB, tanti da dover rendere necessario un link a 200 Gbps (Gigabit per secondo), ovvero una capacità oltre 200 mila volte superiore alla capacità media di un collegamento Internet in Italia, secondo i dati presentati nel DESI Report 2018.

“Siamo orgogliosi di annunciare questo risultato – ha dichiarato Massimo Carboni, Chief Technical Officer della rete GARR –  perché si tratta di una risposta importante alla sfida dei Big Data che continuano a crescere nell’ambito degli esperimenti scientifici a livello mondiale. Abbiamo realizzato non solo un collegamento robusto e veloce, ma abbiamo dotato il centro di una infrastruttura resiliente, affidabile e ridondata grazie alla presenza di link di pari capacità su gran parte della nostra dorsale”.

Il risultato è il coronamento di una serie di interventi di potenziamento, sia per quanto riguarda la rete nazionale GARR sia per la disponibilità di spazio di archiviazione e di potenza di calcolo per l’INFN. Il lavoro sulla rete GARR ha consentito di realizzare una dorsale che raggiunge attualmente la capacità complessiva di circa 3 Tbps, grazie al raddoppio della capacità nei collegamenti dei suoi quattro nodi principali situati nelle città di Milano, Bologna e Roma che, da soli, oggi contano su una capacità complessiva di 800 Gbps.

Allo stesso tempo l’INFN ha potenziato le proprie capacità complessive di calcolo e gestione di big data mettendo a disposizione della sua utenza scientifica, e in particolare degli esperimenti a LHC del CERN, più di 60.000 core di potenza computazionale e circa 150 PB di capacità di memorizzazione dei dati sperimentali, divisi tra sistemi ad accesso veloce (dischi) e sistemi di archiviazione lenti (tape)

“Questo è un risultato importante per noi, perché il collegamento a 200 Gigabit per secondo alle reti nazionali di calcolo scientifico permette ora al CNAF dell’INFN di sfruttare appieno le proprie risorse di calcolo e storage in ambito internazionale, favorendo così lo sviluppo di modelli di calcolo distribuito ad alte prestazioni su scala globale”, spiega Stefano Zani, responsabile della rete del CNAF. “Questa grande ampiezza di banda – prosegue Zani – consente al CNAF un’integrazione sempre più stretta con il CERN e lo pone, in termini di connettività, allo stesso livello dei più importanti centri di calcolo scientifico americani, come il Fermilab e il Brookhaven National Laboratory”.

Ricerca e innovazione sono le parole guida di questo traguardo a cui si è arrivati mettendo a frutto i risultati della sperimentazione GARR sulle “lambda aliene”. La tecnica è così chiamata perché rende possibile il trasporto dei segnali luminosi su una piattaforma ottica diversa da quella che li ha generati e permette di far parlare tra loro apparati differenti, massimizzando le prestazioni.

In questo modo è stato possibile incrementare la capacità della rete in poco tempo e con costi decisamente marginali in quanto non è stato necessario aggiornare tutti gli apparati lungo l’infrastruttura.

La sinergia all’insegna dell’innovazione tecnologica tra GARR e INFN non si ferma qui perché già si sta lavorando ai prossimi passi che vanno in direzione del raddoppio del collegamento internazionale con il CERN di Ginevra e verso il cosiddetto “Data Lake”, ovvero un data storage distribuito su scala geografica dove i dati possano essere “pescati” indipendentemente dal posto in cui verranno poi elaborati.

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