Disabile dal 2011, il pittore Fofo Floris chiede aiuto al Comune «prigioniero» delle scalette Santa Chiara
Sessant’anni fa ha avuto la fortuna di venire ad abitarci, sopra piazza Yenne, Cagliari, tra i più suggestivi della città. Dietro quel portoncino verde, nel bel mezzo delle scalette Santa Chiara, c’è la sua casa. Mai avrebbe immaginato che sarebbe finita così e che da lassù, dove si vedono i tetti di Cagliari, avrebbe urlato la sua rabbia: «Senza ascensore mi ritrovo prigioniero nella mia abitazione: senza qualcuno che mi aiuti, da qui non posso muovermi». Adolfo Floris, noto Fofo, pittore cagliaritano, è l’illustre residente di questo scorcio cittadino, passaggio pedonale sfruttatissimo da chi sale a Castello e scende verso via Roma.
«Per me che ci vivo è off limits», racconta, «dal 2011 combatto con una grave forma di neuropatia che mi costringe a usare il deambulatore: solo con il sostegno di qualcuno, in genere mia moglie e mia nipote, riesco a mettere il naso fuori casa». Ma fare quei gradini, uno per uno, con una mano sulla stampella e l’altra sul passamano, per lui è un’impresa faticosa e pericolosa. «Non posso salire in Castello, l’unico mio svago è scendere in piazza Yenne, purché ci sia qualcuno che mi accompagni e trasporti il deambulatore nella strada». Da quaggiù la scalinata, oltretutto malandata, per chi non può permettersela assume le sembianze di una barriera architettonica.
Già dai primi gradini si intuisce che non c’è via d’uscita per chi ha problemi con le gambe: i due montacarichi, che un tempo aiutavano i passanti a superare la prima parte delle scalette, non funzionano da anni e, finché non saranno attivati, sarà impossibile raggiungere l’ascensore per chi arriva dal Largo e vuole salire sino al parcheggio di Cammino Nuovo. «Non parlo solo per me», tiene a sottolineare Floris, «ma a nome di tutti i disabili, anziani e turisti che ogni giorno sono costretti a fare dietrofront. Li sento imprecare quando scoprono che non riusciranno ad arrivare fin lassù».
L’ascensore è solo uno dei problemi che affollano questo piccolo scorcio della città, splendido se non fosse ridotto così. «Fino agli anni ’90 era un piccolo paradiso», ricorda Floris, «ora è diventato un orinatoio, perché i bagni pubblici, presenti alla fine delle scalette, restano aperti solo di mattina: com’è possibile in una città turistica? Le scalette sono ormai un richiamo per tanti vandali che agiscono indisturbati, sulla soglia della mia abitazione. Il risultato: vengono a fare i bisogni proprio dove abito io». Da 60 anni, appunto. «Qui c’è tutta la mia vita, il mio hobby, i miei affetti, i miei ricordi: è la mia casa, non voglio abbandonarla. Dentro una stanza ho creato il mio studio, dove continuo a dipingere, nonostante il tremore. Amo queste scalette, ma non voglio restarne prigioniero».