Pane fresco: il decreto premia il sacrificio di migliaia di panificatori, ma serve una norma che combatta l’abusivismo dilagante nel settore
Niente più confusione negli scaffali dei panifici: d’ora in poi il pane fresco dovrà essere rigorosamente distinto da quello conservato e dovrà essere esposto in scomparti diversi ed appositamente riservati.
Dal prossimo 19 dicembre entrerà infatti in vigore il decreto n. 131/2018 emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico che disciplina la denominazione di«panefresco» e dell’adozione della dicitura «pane conservato». Una norma, emanata di concerto con il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo e il Ministero della Salute e del Turismo e il Ministro della Salute, che finalmente da valore al sacrificio di migliaia di artigiani che lavorano ogni notte e ogni weekend per garantire il pane fresco sulle nostre tavole.
La norma – che disciplina la materia dopo oltre un decennio di trattative e incontri con Bruxelles – è rivolta specificamente ai panifici, cioè a quelle imprese che dispongono di impianti di produzione di pane e eventualmente altri prodotti da forno e assimilati o affini e svolgono l’intero ciclo di produzione dalla lavorazione delle materie prime, alla cottura finale.
Il decreto denomina «fresco» il pane preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento o surgelazione, ad eccezione del rallentamento del processo di lievitazione, privo di additivi conservanti e di altri trattamenti aventi effetto conservante. In particolare, viene ritenuto “continuo” il processo di produzione per il quale non intercorra un intervallo di tempo superiore alle 72 ore dall’inizio della lavorazione fino al momento della messa in vendita del prodotto. Viceversa il pane non preimballato deve essere messo in vendita con una dicitura aggiuntiva che ne evidenzi il metodo di conservazione utilizzato, nonchè le eventuali modalità di conservazione e di consumo.