Abbiamo intervistato Massimiliano Setti e Pier Luigi Pasino della compagnia teatrale Carrozzeria Orfeo, sul palco del Teatro Massimo di Cagliari con lo spettacolo “Cous Cous Klan”
Geniali nel loro essere irriverenti e politicamente scorretti; eccessivi e sfrontatamente divertenti, i personaggi di Cous Cous Klan, raccontando la bellezza della decadenza, ipotizzano e rappresentano un futuro prossimo in cui i contrasti storici tra ricchi e poveri si accentuano e dove il bene e il male diventano una questione di opportunità.
La Carrozzeria Orfeo – una delle compagnie teatrali di punta della scena italiana contemporanea – ha debuttato mercoledì 20 febbraio al Teatro Massimo di Cagliari con lo spettacolo Cous Cous Klan che rimarrà in cartellone fino a domenica 24, per la Stagione de La Grande Prosa & Teatro Circo 2018-2019 organizzata dal CeDAC nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna.
La drammaturgia è di Gabriele di Luca, che firma anche la regia insieme con Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi; sul palco Beatrice Schiros, Alessia Ciaburri, Alessandro Federico, Pier Luigi Pasino, Andrea di Casa (voce fuori campo) e gli stessi Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi inscenano una pièce di lucida follia ambientata nel degrado delle periferie urbane dove si sopravvive attraverso l’arte di arrangiarsi, in una società abbruttita dalle contraddizioni e dalle privazioni dei tanti in favore dei privilegi dei pochi. In una realtà immaginaria, dove l’acqua è stata privatizzata, i bisogni umani si fanno sempre più bestiali, perdendo ogni parvenza di umanità.
Raggiunta dai microfoni di Unica Radio, la compagnia, nella delegazione di Massimiliano Setti e Pier Luigi Pasino, ha raccontato non solo i retroscena legati allo spettacolo ma anche alcuni aneddoti interessanti sulla vita degli attori in tournée. Setti condivide con noi le note di regia, da cui si comprende meglio il ricorso a uno schema drammaturgico fresco e dinamico che ricalca le serie TV americane anche in alcune scelte stilistiche, del resto, dice: «siamo grandi appassionati di serie TV e, in questo, siamo profondamente figli del nostro tempo», motivo per cui le quasi due ore e mezza di spettacolo procedono senza intoppi, con un ritmo incalzante e spedito, strappando fragorose risate per il tono volutamente ironico e provocatorio con cui è stata scritta la sceneggiatura di Cous Cous Klan, in cui non mancano però anche momenti da riservare a una profonda riflessione e analisi sulla deriva della società contemporanea, destinata al fallimento. Pasino approfondisce il racconto sugli ultimi, pilastro portante della loro messa in scena, tra ingiustizie, nevrosi, paure e debolezze tipiche di chi sembra sempre essere “vittima” nell’approccio alle difficoltà della vita.
Che abbiano avuto ragione loro a profetizzare un futuro distopico e tragicomico -disegnato dalle scenografie volutamente decadenti di Maria Spazzi ed enfatizzato dai costumi di EriKa Carretta– in cui solo a tratti si fanno spazio piccoli barlumi d’amore e d’amicizia, per poi inevitabilmente sprofondare nel buio di un destino che sembra essere già stato scritto? “Ai posteri l’ardua sentenza…”
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