Grazie a uno studio dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr in collaborazione con l’Ifom è stato elaborato il metodo RATaR, in grado di studiare il ruolo dell’RNA nella risposta al danno del DNA.
Un nuovo studio evidenzia un metodo per analizzare il ruolo dell’RNA in risposta ai danni causati al DNA. Il riconoscimento dell’importanza dell’RNA nei processi biologici è in aumento esponenziale. Un tempo considerato semplice messaggero di informazioni tra DNA e proteine, negli ultimi decenni l’RNA ha dimostrato di essere essenziale nella regolazione di diversi processi cellulari, come la modulazione del messaggio genico, la struttura della cromatina e vari aspetti della stabilità genomica direttamente implicata in patologie importanti come i tumori e l’invecchiamento.
Tuttavia, il contributo diretto dell’RNA ad un meccanismo biologico specifico è spesso difficile da analizzare a causa della intrinseca fragilità della molecola. È estremamente utile avere una metodologia rapida ed efficace per testare il coinvolgimento di molecole di RNA in un processo cellulare anche senza necessariamente conoscerne le caratteristiche specifiche o la sequenza esatta.
Il metodo RATaR (RNase A Treatment and Reconstitution), pubblicato sulla rivista Nature Protocols dal gruppo guidato da Sofia Francia e Fabrizio d’Adda di Fagagna dell’Istituto di genetica molecolare ‘Luigi Luca Cavalli-Sforza’ del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igm) e dell’Ifom (Istituto Firc di oncologia molecolare) di Milano, consente di studiare il ruolo dell’RNA nella risposta al danno del DNA.
“In questo metodo, le cellule ancora vive vengono trattate in modo da renderle permeabili e poter manipolare i processi biologici che avvengono al loro interno”, spiega Sofia Francia. “Tramite il trattamento con enzimi che degradano l’RNA è possibile sostituire l’RNA proprio delle cellule con molecole a RNA estratte da altre cellule o sintetizzate chimicamente al fine di studiarne l’attività biologica. Inoltre, l’uso di molecole di RNA fluorescenti impiegate in questa metodologia consente ai ricercatori di visualizzare la loro localizzazione sub-cellulare, correlandola alla funzione biologica”.
“Senza questa tecnologia, descritta in dettaglio per la prima volta in questa pubblicazione, non saremmo riusciti a dimostrare un ruolo dell’RNA nella stabilità genomica”, aggiunge Fabrizio d’Adda di Fagagna.
È facile immaginare possibili usi dello stesso metodo in nuovi ambiti, diversi dalla risposta ai danni causati al DNA. “L’intera procedura – conclude Francia – può essere completata in due ore, non richiede attrezzature speciali né competenze complesse ed è relativamente economica. Ci auspichiamo che questa tecnica si dimostri utile per studiare il contributo dell’RNA in diversi processi cellulari rilevanti”.
L’articolo è consultabile su https://www.nature.com/articles/s41596-019-0147-5