Debutta al Teatro Massimo di Cagliari una nuova produzione di Sardegna Teatro: Io non farò la mia fine.
Il testo – selezionato nell’ambito di Page On Stage, progetto di Sardegna Teatro sulle nuove drammaturgie – composto dall’autrice Paola Atzeni, viene portato in scena dal regista Nicolò Columbano, insieme all’attrice Michela Atzeni e Ornella D’Agostino, danzatrice e regista.
Io non farò la mia fine è la storia di un inizio, la storia di una giovane donna che diventa madre di un piccolo fagotto di 2,800 kg con la sindrome di down, che inconsapevolmente la prende per mano per farle fare i primi passi verso una nuova vita, fatta di altalene emozionali. In scena Edoardo Mario Capuano, splendido portavoce di una diversità che fa ancora paura.
Al Teatro Massimo di Cagliari nelle date: mercoledì 8 e giovedì 9 Maggio alle 21, venerdì 10 alle 19 sabato 11 e domenica 12 alle ore 17.
Spettacolo per pubblico ristretto, vivamente consigliata la prenotazione.
NOTE DI REGIA
Tu sai qual è la tua fine? Te la sei mai figurata nel teatro della tua mente e del tuo corpo? Ti sei mai sorpreso a scrutarne le tracce nei riflessi più nascosti del tuo sguardo?La fine reclama il suo opposto: l’inizio. Due punti in uno che continuano a restare due: forse sarebbe meglio dire due zone, perché dell’inizio – così come della fine – non possiamo avere esperienza, in quanto eccedono il dominio della volontà. Due avvenimenti che, dal loro legame di tensione reciproca, generano lo spazio di quel movimento che chiamiamo vita, lo scandalo della vita di quell’animale noto come essere umano.Nella Sardegna dei nostri giorni una giovane madre lotta e si ribella alle ipocrisie, all’immobilismo e al male che si annidano nella famiglia e nella società per donare al proprio figlio un futuro degno di essere chiamato ancora umano.Le parole del testo Io non farò la mia fine della drammaturga Paola Atzeni, al di là del loro involucro, hanno in sé la forza di un appello che sa farsi universali e toccare alle viscere il tempo che attraversiamo, per scuotere le pretese di una ragione che, nelle sue varie figure (la Legge, la Madre, la Società), si pretende assoluta, indifferente e cieca allo scandalo della vita che sempre si offre nella bellezza della sua diversità.
Nicolò Columbano
NOTE DELL’AUTRICE
Io non farò la mia fine è la storia di un inizio, la storia di una giovane donna che diventa madre di un piccolo fagotto di 2,800 kg con la sindrome di down, che inconsapevolmente la prende per mano per farle fare i primi passi verso una nuova vita, fatta di altalene emozionali. Elisa mette al mondo con forza il figlio Giaime e con altrettanta forza inizia a combattere i pregiudizi che si annidano attorno alla disabilità del figlio. La madre di Elisa è il primo ostacolo da saltare: l’antico pensiero che un figlio disabile sia una vergogna, una croce da portare per tutta la famiglia, risveglia in Elisa il conflitto mai concluso con la madre che si perpetua dai tempi della sua infanzia: un contesto povero, sovraccarico di figli da sfamare, di cui la stessa madre è vittima, rendono la relazione aspra, dura, violenta. E poi l’amore con Giovanni il padre di Giaime, che sembra essersi dissolto nei problemi quotidiani, esaspera il suo desiderio di emancipazione, di libertà universale e rende ancora più forte il rifiuto di un futuro che le era stato confezionato dalla famiglia, dagli occhi giudicanti di chi la vede esclusivamente come madre e casalinga, al servizio di tutti tranne che di se stessa. C’è la Sardegna contemporanea, con continui richiami ai miti della vita arcaica, che traccia numerose strade nella vita dei protagonisti, strade che sembrano allontanarsi dal focus della disabilità, ma che in realtà si incontrano per dare più forza all’urlo di una donna stanca di essere vista come la pecora nera della famiglia con l’unica colpa di correre dietro ai libri e di amare un figlio che ancora oggi la società ha difficoltà a guardare senza il riflesso accecante del pietismo . “Io non farò la mia fine” è un intreccio di domande sulla vita e sulla morte, su cosa è sano e su cosa invece è malato, un ordito fatto di funi che sembrano cappi al collo, ma che potrebbero diventare splendide altalene sulle quali giocarsi l’esistenza.Paola Atzeni