Coldiretti. Meno Pecorino prodotto, più vendite e prezzo fermo: la filiera è malata e va curata
Negli ultimi cinque anni non si era mai prodotto cosi poco Pecorino romano. I dati pubblicati dal sito web Clal.it, fonte ufficiale del consorzio del Pecorino romano parlano chiaro: da ottobre 2018 a giugno 2019 si sono prodotte 25.389 tonnellate (a fine annata si dovrebbe arrivare a circa 26.500 tonnellate circa). Bisogna tornare al 2013 – 2014 per avere meno quantità prodotto di Pecorino romano, allora ci si fermò a poco più di 24mila tonnellate e l’annata successiva il latte venne pagato ad una media di 1,10 euro al litro con punte di 1,40.
Fonte. Elaborazione Coldiretti Sardegna su dati Clal.it La minor produzione di Pecorino romano di quest’anno, inferiore del 22,5% rispetto all’annata precedente al momento però non ha ancora portato fiducia nei mercati: il prezzo del Pecorino romano cresce a rilento e ad oggi è pagato a 6,80 euro/kg (franco stabilimento). Una crescita lentissima, nonostante quest’anno si siano vendute quantità superiori alla media (anche 33 – 34 mila quintali al mese rispetto ad una media mensile consolidata di 20 – 21 mila quintali). Le esportazioni da gennaio a maggio segnano + 14,1%. A frenare la salita, sostiene qualcuno, starebbe influendo la paura per la minaccia, da parte del presidente Usa Trump (maggiore mercato del Pecorino Romano) nell’ambito dello scontro sugli aiuti al settore aereonautico che coinvolge l’americana Boing e l’europea Airbus.
Nella black list statunitense figura anche il Pecorino romano e mette a rischio 4,5 miliardi di esportazioni Made in Italy, soprattutto vino e cibo, sulla quale applicare un aumento delle tariffe all’importazioni fino al 100% del valore attuale. Ma il Pecorino, secondo il proprio Consorzio di tutela, potrebbe scampare il pericolo visto che negli Usa non esiste un prodotto similare. Il Romano imitato nel Paese di Trump è di 26 milioni di chili (sono le quantità totali che ogni anno si riescono a vendere di Pecorino romano) ed è però realizzato senza latte di pecora. Inoltre le grandi quantità di Pecorino Romano acquistate oltre le medie quest’anno potrebbero essere frutto di una operazione speculativa.
Non tutto quel formaggio, infatti, è arrivato negli piattaforme distributive e potrebbe essere tenuto nelle celle frigo in attesa che il prezzo cresca per accrescere il margine di guadagno. Ma ancora una volta regna il silenzio anche sulle maggiori vendite e sono sconosciute le giacenze. Qualche maligno sostiene, che visto che a marzo, nel tavolo ministeriale sul latte si è sottoscritta da parte di tutti gli attori della filiera una griglia che lega il prezzo del Pecorino romano al prezzo del latte, con accordo di stabilire il conguaglio del latte ai pastori a novembre in base alla media di prezzo di vendita di tutta l’annata del formaggio, al mondo della trasformazione conviene tenere basso il prezzo. Ed infatti qualcuno ipotizza che il prezzo del Pecorino romani potrebbe “schizzare” in autunno.
“Sono dati e situazioni che dovrebbero portarci a riflettere tutti: produttori, trasformatori e politica – evidenzia il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu -. Viviamo di divisioni e ci facciamo la guerra tra di noi mentre gli altri decidono il nostro futuro in un settore in cui siamo leader e dove, invece di governare il mercato, ne siamo sempre più vittime e subiamo”. Da una parte (possibili dazi Usa), emerge ancora una volta che non si sta programmando e investendo in nuovi mercati: siamo fossilizzati nei mercati storici e ne siamo dipendenti.
Abbiamo il mercato in stallo per minaccia di dazi. Dall’altra, invece, emerge chiaramente, che per via delle croniche divisioni lungo la filiera e tra gli stessi attori, altri stanno speculando sul nostro lavoro e sulle nostre eccellenze. “Forse conviene a tutti fare squadra, fare sistema, avere una filiera inclusiva e trasparente – afferma il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba -. L’opacità dei dati, il vecchio vizio della socializzazione dei debiti e della privatizzazione dei profitti alla fine porta alla sconfitta di tutto il sistema. C’è sempre qualcuno più furbo e più forte davanti a noi che approfitta delle divisioni. Allo stesso tempo anche il mondo produttivo dovrebbe fare mea culpa: le infinite divisioni non stanno portato risultati. Con il senno di poi si sta manifestando inutile anche la storica mobilitazione di febbraio”.
Secondo Coldiretti Sardegna l’accordo di marzo, da subito criticato dall’Organizzazione sta dimostrando tutti i suoi limiti. Da una parte i tempi della politica sono ancora una volta guidati dalla lenta burocrazia, ma allo stesso tempo la griglia approvata nel tavolo di marzo all’interno dell’accordo sui 74 centesimi di acconto, quella in cui in base al prezzo del Pecorino Romano si fa corrispondere quello del latte non è reale ed è ancora una volta sbilanciata dalla parte della trasformazione. “Per questo ribadiamo – dice il presidente regionale della Coldiretti – la necessità, come scritto nel documento presentato al Prefetto e al Capo di gabinetto del ministero delle Politiche agricole a giugno, di rimettere in discussione la griglia e prendere in considerazione quella da noi proposta costruita seguendo un metodo logico e allo stesso tempo mettere in pratica l’articolo 3 della cosiddetta legge emergenze (la n. 44) in cui si obbligano i produttori a registrare mensilmente nella banca dati del Sian i quantitativi di formaggio prodotto, ceduto e le giacenze di magazzino”.
“Ci troviamo di fronte ad una filiera malata che non collabora verticalmente per assenza di trasparenza e di regole condivise e orizzontalmente per le spaccature tra produttori e tra trasformatori con evidenti posizioni dominanti ed altre soccombenti – sottolinea il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba -. Vi sarebbe la necessità di trovare regole comuni che in questo stato solo una figura di garante può assicurare. Ad appesantire tutto questo mondo – continua – vi è inoltre un ambito molto diffuso di sedicenti conoscitori delle vicende agropastorali che con mestieri diversi mettono in giro diverse ipotesi, confondendo ulteriormente la filiera. Anche il ruolo degli organi di formazione in questa fase è fondamentale per evitare il caos”.