Secondo il calendario rurale della Sardegna il primo mese dell’anno era settembre, indicato in sardo con il termine “cabudanni”
Sono in tanti a sapere quanto fosse significativo nell’antichità, per la società agropastorale della Sardegna, il legame tra i campi, la terra e i suoi abitanti. Ma sono invece in pochi ad essere a conoscenza che secondo la tradizione, il capodanno nell’Isola veniva festeggiato il primo giorno del mese di settembre.
Il motivo è da ricercare nel forte carattere superstizioso dei riti degli antenati sardi e nell’influenza che i popoli conquistatori ebbero sulla Sardegna. Durante il lungo periodo di dominazione bizantina, la popolazione dell’Isola adottò un calendario basato sull’anno agricolo, dove, a differenza di quello gregoriano, settembre era considerato il caput anni, ossia il primo mese dell’anno. I lavori in campagna e le attività dei raccolti nei campi venivano avviati proprio in quel periodo, determinando così l’inizio dell’annata agraria.
Ed è per questo che, sfogliando un calendario in lingua sarda, si nota come il mese di settembre venga tradotto con il termine cabudanni. A seconda della località geografica della Sardegna esisterebbero poi altre varianti linguistiche: cabudanne, cabidannu e capidanne.
A testimoniare l’antica ricorrenza agropastorale è un passo tratto dal saggio intitolato intitolato “Il Folclore sardo”, scritto nel 1957 dall’antropologo e filologo cagliaritano Francesco Alziator, si legge: “Per i sardi l’anno non comincia a gennaio; esso inizia invece a settembre e solo i mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile e maggio, e cioè cinque su dodici hanno nomi uguali a quelli usati dalla maggior parte della cristianità; gli altri sette hanno nomi particolari, usati solo nell’Isola e neppure in tutta l’Isola, ma solo in certe zone e talvolta assai limitate. […] Il calendario sardo appare come l’espressione di un popolo essenzialmente dedito all’agricoltura”.