La “Contessina Julie”, focus sulle inquietudini e le trasgressioni di una giovane aristocratica, secondo appuntamento con la Stagione di “Teatro Senza Quartiere” 2019-2020
La “Signorina Julie”, dal celeberrimo dramma di August Strindberg – mise en scene firmata da Lelio Lecis (sua la regia e anche l’adattamento del testo) per Akròama, con un cast di giovani e talentuosi attori – Julia Pirchl, Giovanni Andrea Vinci e Erika Carta – per il secondo incontro con la Stagione di “Teatro Senza Quartiere” 2019-2020 organizzata dal Teatro del Segno nell’ambito del progetto pluriennale “Teatro Senza Quartiere / per un quartiere senza teatro”.
Una pièce intrigante e avvincente i cui momenti cruciali si svolgono nell’ambiente in certo qual modo “familiare” della cucina, evocata dalle scenografie (iper)realiste di Valentina Enna – regno di Kristin, la cuoca (interpretata da Erika Carta), donna dai solidi principi, fondati sulle differenze di classe e sul rispetto per i “signori”, ma anche perfettamente consapevole del proprio interesse e della propria dignità nel microcosmo della servitù.
Fulcro della vicenda il dilemma della contessina Julie (Julia Pirchl), apparentemente libera e spregiudicata ma in realtà a suo modo fragile, combattuta tra gli echi e fantasmi del passato e i contraddittori “insegnamenti” materni, il desiderio di sedurre e il bisogno d’affetto e tenerezza, un l’abitudine al lusso e l’aspirazione a sfuggire dalla propria condizione di privilegio per ricominciare altrove una nuova vita. Una giovane donna dal temperamento instabile i cui continui cambi d’umore e gli strambi capricci son da tempo oggetto di pettegolezzi perfino tra i dipendenti, così come l’inopinata rottura del suo fidanzamento, ma anche una creatura affascinante e enigmatica, sfuggente, simbolo di una femminilità acerba e quasi adolescenziale, sensuale e vagamente perversa come può esserlo la figlia viziata di un nobile, sempre alla ricerca di nuove sensazioni e emozioni per sfuggire alla noia.
Una sottile malinconia, un crudele male di vivere sembra pervaderla a tratti, al di là della frivolezza e del suo prendersi gioco, tra ingenuità e malizia, delle ambizioni del cameriere Jean (Giovanni Andrea Vinci) evidentemente attratto e succubo della sua bellezza: Julie rappresenta una figura complessa e modernissima in cui l’artista svedese ha innestato il seme dell’irrequietezza e della ribellione – al proprio ambiente e alle regole della società, il germe di una profonda insoddisfazione che la induce a spingere il gioco fino all’estremo, fino a pagarne le conseguenze a caro prezzo.
Nella sua rilettura del capolavoro di Strindberg, una tragedia immersa nelle atmosfere nordiche della fine dell’Ottocento, ben sottolineate dai raffinati costumi di Marco Nateri, il regista Lelio Lecis mette l’accento sui caratteri dei personaggi, sulle note stridenti che affiorano nei dialoghi, in un pathos crescente che smentisce l’inizio brioso e quasi brillante, per condurre gli spettatori negli abissi dell’animo umano, tra inconfessabili segreti e cattive azioni, tra i sintomi di un’equivocabile decadenza morale in un mondo dove le apparenze contano più della verità.
Il vivido affresco di un’epoca diventa così lo specchio in cui riflettersi, tra le incertezze sentimentali e no del presente, per immergersi in un racconto ricco di suspence in cui i protagonisti si mettono a nudo rivelando il loro lato oscuro, le loro contraddizioni, le loro debolezze e paure ma anche la ferma determinazione e perfino la reciproca ferocia nel combattere la quotidiana battaglia per la sopravvivenza, dove eros e ricchezza (o povertà) rientrano nel quadro di un eterno gioco di potere.
La storia della “Signorina Julie” è emblematica di una condizione di dolore irredimibile e insieme di una volontà di sopraffazione, tra ostilità e differenze di classe e il “tradizionale” antagonismo tra donne e uomini, che si manifesta in un legame di odio-amore, in bilico fra attrazione e repulsione, a causa di quella innegabile e pure ineffabile “differenza”, cui accenna Jean, una diversità sancita dalle consuetudini e dalle leggi, implicita nell’educazione e tuttora presente nella cultura occidentale – alla base forse di un’irrisolta incomprensione e incomunicabilità che sfocia in atti di violenza fisica e psicologica – perfino nell’icastico finale, non privo di amara poesia..
Dopo lo scoppiettante esordio con gli “Amori da Palcoscenico” interpretati da Rossella Faa, Marta Proietti Orzella e Stefano Ledda (lo scorso 12 ottobre), spazio a un’opera fondamentale della storia del teatro, una tragedia di fine Ottocento le cui tematiche suonano ancora terribilmente attuali, e universali, nel secondo appuntamento con la Stagione di “Teatro Senza Quartiere” 2019-2020 organizzata dal Teatro del Segno nell’ambito del progetto pluriennale “Teatro Senza Quartiere / per un quartiere senza teatro” 2017-2022 che punta a creare uno spazio d’arte e cultura nel rione, aperto all’intera città.
I PROSSIMI APPUNTAMENTI
“Teatro Senza Quartiere” 2019-2020 proseguirà sabato 9 novembre alle 21 con il debutto in prima nazionale al TsE di Is Mirrionis di “Spogliarello” di Dino Buzzati – storia di una discesa agli inferi per un intenso ritratto al femminile -nel nuovo allestimento firmato da Marco Nateri (sua la regia, oltre a scene e costumi) per il Teatro del Segno. Sotto i riflettori Marta Proietti Orzella e Alessandra Leo prestano volto e voce a un racconto per quadri, incentrato sulla figura di Velia, una donna impegnata a sopravvivere giorno dopo giorno, disposta a pagare un prezzo pur di ottenere quel che desidera, apparentemente docile e sottomessa, ma in fondo piena di amarezza e rabbia, vittima di un destino beffardo. “La Via Crucis di una donna disperata che ha perduto tutto” – spiega il regista Marco Nateri: una commedia nera, ricca di humour, sulla “solitudine che ogni essere umano deve affrontare” e un “atto d’amore” verso l’autore e la sua singolare “eroina”, una creatura affascinante e inquieta, alla ricerca di una qualche “sicurezza”, che si confronta con l’enigma della vita (e della morte).
Spiriti ribelli e fame di giustizia in “Revolution” di Rolando Macrini e Manuele Morgese, anche protagonista sulla scena – sabato 23 novembre alle 21 e domenica 24 novembre alle 19 al TsE – per “un corto circuito storico, irriverente, sarcastico, sprezzante e esplosivo” tra la rivolta di Masaniello nella Napoli del 1647 e la rivoluzione russa del 1917. Una pièce originale che rappresenta anche una “presa di di posizione sul mondo” in bilico tra realtà e finzione, una “sottile farsa” o un “caustico e enigmatico board game” – con la regia di Rolando Macrini, che ha scritto anche le musiche originali insieme con Rasmus Zschoch. Una partitura teatrale che mescola generi e stili – dalla commedia dell’arte alla temperie off-off Broadway – lingue e accenti per mettere a confronto l’insurrezione capeggiata dal giovane pescatore al grido «Viva ‘o Re ‘e Spagna, mora ‘o malgoverno» e gli eventi che portarono alla caduta dello zar e alla nascita della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa.
Una favola crudele – sabato 30 novembre alle 21 al TsE – con “Jeff. Il gioco delle ossa” di AbacoTeatro, liberamente ispirato alla storia di Jeffrey Dahmer, il famigerato “mostro di Milwaukee”, con drammaturgia e regia di Dafne Turillazzi e Antonello Verachi. Nel ruolo del serial killer Tiziano Polese dà voce ai pensieri e alle sensazioni di un uomo ossessionato dalla morte, già segnato da un’infanzia solitaria, vittima della crudelà dei coetanei, ferito dall’indifferenza e dalla freddezza degli adulti. “Quando ero bambino avevo inventato un gioco. Lo chiamavo il Paese dell’Infinito ed era un mondo popolato da Uomini Stecchino e Spirali” racconta il protagonista: “Se due Uomini-Stecchino si avvicinavano fino a toccarsi si distruggevano a vicenda”. Un’innocente fantasia che si realizzerà poi attraverso gli efferati delitti, finché l’assassino, condannato all’ergastolo, sarà a sua volta ucciso da un altro detenuto: la pièce indaga nei labirinti della mente del giovane, tra i suoi fantasmi, le sue paure e i suoi desideri tra horror e poesia.
Nel segno di Primo Levi con “Il sistema periodico” diretto e interpretato da Stefano Ledda sulle note del sax di Juri Deidda – in scena sabato 14 dicembre alle 21: lo spettacolo, liberamente tratto dall’omonima raccolta di racconti, intreccia ricordi personali e esperimenti di chimica alla storia del Novecento. Una scrittura rigorosa ed essenziale, con una struttura (quasi) geometrica, per mettere l’accento sulle terribili contraddizioni di un’umanità capace di indagare tra i misteri del cosmo, fino a indovinare la sequenza e il peso atomico degli elementi, ma anche di realizzare e incarnare l’orrore della Shoah. Sulla falsariga dell’opera dello scienziato e scrittore, la pièce – sottolinea il regista Stefano Ledda – “ricostruisce, in maniera parziale, ma appassionata, la vicenda di una formazione civile maturata negli anni del fascismo, poi della guerra, della scelta partigiana, della deportazione, del reinserimento faticoso nella vita quotidiana, la tensione morale verso la testimonianza a favore della ragione e della dignità dell’uomo”.
S’intitola “Canzoni a Casaccio” lo spettacolo-concerto di e con Rossella Faa in trio con Giacomo Deiana alla chitarra e Nicola Cossu al contrabbasso – sabato 14 marzo alle 21 al TsE – per un’antologia di brani dagli album “Baa-Bà”, “Sighi Singin’” e “Bella Bella”. Affascinanti melodie e suoni dal mondo per un percorso sul filo delle note e delle emozioni, tra trame vere e inventate tradotte in musica, moderne fiabe e poetici apologhi per affrontare con humour e leggerezza le piccole e grandi tragedie del quotidiano. Focus su temi universali – l’amore e il disamore, il tradimento e la gelosia – ma anche su miti e leggende dell’Isola e sul privilegio d’invecchiare con la capacità di assaporare ogni istante e riscoprire talenti nascosti. Moderna cantastorie, l’eclettica artista di Masullas con le sue ballads attraversa differenti territori sonori – dagli antichi madrigali ai ritmi danzanti del Sud America – per svelare magie popolari e antichi incantesimi, segreti degli specchi e pericoli metropolitani, in una inedita farmacopea dell’anima tra ironia e poesia
Diari dal fronte – sabato 21 marzo alle 21 al TsE – con “Bachisio Spanu. Epopea di un contadino sardo alla Grande Guerra” del BocheTeatro, da “Un anno sull’Altipiano” di Emilio Lussu con inserti da “Roccu ‘u stortu” di Francesco Suriano (tradotti in campidanese da Rossana Copez), con Giovanni Carroni nei panni di un soldato della Brigata Sassari, per la regia di Marco Parodi. Una narrazione densa e evocativa, in cui un giovane in divisa, strappato alla sua Isola e costretto a partecipare ad un conflitto in terre lontane, ne descrive atrocità e sofferenze, mettendo a nudo tutta l’assurdità e insieme la brutalità del gioco delle armi. “Per il generale Cadorna, all’infuori della vittoria, l’unico riposo è la morte” – scrive nelle note Marco Parodi – “Ma il soldato Bachisio Spanu, nonostante sia semianalfabeta, riesce benissimo a comprendere che i colonnelli e i generali non capiscono niente, ma proprio niente… E gli ufficiali della Brigata Sassari attendono con lucida consapevolezza che arrivi il tempo degli assalti furibondi e disperati, armati solamente di un fucile contro un nemico formidabilmente preparato per la guerra, esacerbati dalla continua e immediata visione di una morte certa e infeconda”.
Atmosfere surreali e accenti grotteschi – sabato 4 aprile alle 21 – con “Il Grigio” di Giorgio Gaber e Sandro Luporini nella versione di Salvatore Della Villa, con le musiche originali di Gianluigi Antonaci: un uomo sceglie di trasferirsi in una nuova casa in periferia per lasciarsi alle spalle una vita di delusioni e fallimenti, ma si trova a fare i conti con un inatteso coinquilino. La fuga dalla realtà e dai nodi irrisolti, dal ricordo di un matrimonio finito, dalla incerta relazione con una donna – per lui, “L’Amore è una parola strana. Vola troppo. Andrebbe sostituita” – e il difficile rapporto con il figlio, alla ricerca di un nuovo equilibrio, lo porta a confrontarsi con una presenza inquietante e ingombrante, e infine con il suo stesso lato oscuro. Un avvincente monologo sulla condizione umana, sulla necessità di guardarsi allo specchio, oltre l’ipocrisia e la volgarità del quotidiano: “Quando l’uomo sprofonda nell’osservazione del sé, poi, riemerge, lentamente. È come la calma dopo la tempesta, si accetta. Tutto qui. Accettarsi”. E riuscire, forse, a perdonarsi.
Focus sulla tragedia della prima guerra mondiale – sabato 18 aprile alle 21 – anche ne “La Paura” di Federico De Roberto, con adattamento e regia di Francesco Bonomo (produzione Sardegna Teatro in collaborazione con Goldenart Production, La Casa delle Storie e Rialto Sant’Ambrogio) con un bravissimo Daniel Dwerryhouse. Sul Forte del Corbin, in prossimità della “porta dell’Inferno”, è dislocato un plotone al comando del tenente Alfani: uomini proveniente dalle diverse regioni d’Italia, che parlano lingue diverse, ormai armonizzate in una sorta di cacofonica polifonia. In essi è avvenuta una sorta di mutazione, in una strana “osmosi tra paura e rassegnazione”. La routine della guerra di trincea, apparentemente immutabile e ordinata, esente da responsabilità e decisioni personali, si trasforma come insensibilmente agli occhi dell’ufficiale in un mostruoso sacrificio, con una crescente consapevolezza dell’inutilità del massacro. Un rifiuto inatteso suscita nel tenente un senso di colpa, un bisogno di azione, fino al tragico, prevedibile epilogo. Un’altra morte annunciata.
Suggellerà il cartellone della Stagione di Teatro Senza Quartiere 2019-2020 – sabato 2 maggio alle 21 al TsE di Is Mirrionis – “C’era una volta Ettore Petrolini” di e con Emanuele Bosu per un omaggio al grande attore, drammaturgo, compositore e cantante sulle note di Giovanni Pilia (pianoforte), Nadia Cosseddu (violino) e Giovanni Martinelli (trombone) tra ricordi e aneddoti, “macchiette” e canzoni. Un (auto)ritratto in prima persona del grande artista, che “tornerà in scena per ripercorrere la sua vita, dagli inizi della sua carriera fino agli ultimi attimi della sua breve esistenza, il tutto accompagnato da quell’aroma di mistero che lo circonda”. Simbolo di una temperie culturale e di un’epoca, grande innovatore e inventore di un teatro comico raffinato e popolare insieme, in cui si fondono pungente parodia e argute facezie, o “inezie”, giochi di parole e lazzi, Petrolini è il fulcro di uno spettacolo elegante e divertente, a tratti virtuosistico, già vincitore del Premio Giardini Aperti – Città di Cagliari Arte & Natura 2018 (produzione La Maschera).
Prosegue la campagna abbonamenti – con riduzioni speciali per gli abitanti del quartiere (e per gli abbonati CeDAC) – e si rinnova anche l’iniziativa del “biglietto sospeso” ispirato al più noto “caffé sospeso” napoletano: chi vorrà potrà acquistare un secondo biglietto, da mettere a disposizione di chi non potrebbe permetterlo e sostenere così il progetto e l’idea di una cultura “accessibile” a tutti.
Un interessante cartellone che intreccia parole, note e visioni nel palcoscenico “ritrovato” nel cuore di In Mirrionis per la quarta stagione di “Teatro Senza Quartiere” che si inserisce nel ricco programma delle manifestazioni culturali del capoluogo con l’obiettivo di fare del TsE un punto di riferimento per artisti e compagnie oltre che per gli spettatori. L’arte come strumento per reinventare e rimodulare i paesaggi urbani in funzione degli abitanti, suggerendo inediti sguardi e metamorfosi di senso, per una riappropriazione dei luoghi impreziositi da antiche e nuove valenze simboliche.
Il TsE di Is Mirrionis ospiterà, oltre alla Stagione di “Teatro Senza Quartiere” 2019-2020 – e agli appuntamenti della Stagione di Teatro Ragazzi 2019 – 2020 del Teatro del Segno, anche eventi e spettacoli, e in particolare il cartellone de “Il Terzo Occhio” – la vetrina sui linguaggi del contemporaneo organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna, e poi laboratori, seminari, concerti, mostre, incontri e residenze creative, oltre a progetti rivolti agli adolescenti come “Cagliari 2019-20 – Rovinarsi è un Gioco” che vedrà in scena lo spettacolo “GAP/ Gioco d’Azzardo Patologico” seguito da un dibattito con esperti, psicologi e operatori del SerD (con una serie di matinées per gli studenti delle scuole medie inferiori e superiori).
Il progetto di InversaMente – a cura di Iolanda Mason – prevede un ciclo di incontri dedicati alle “Tecniche di Memoria”, alle “Tecniche di Lettura Veloce” e al “Metodo delle Mappe Mentali”, pensati per studenti e insegnanti, attori, musicisti e performers e per tutti coloro che vogliano “allenare il cervello” e migliorare le proprie capacità di memorizzazione e apprendimento.
Il laboratorio “Il Grande Teatro Italiano” a cura di Manuele Morgese, uno dei protagonisti della stagione di “Teatro Senza Quartiere”: un seminario intensivo sulle tecniche e i diversi stili d’interpretazione teatrale (dal 27 al 29 novembre), pensato sia per chi volesse cimentarsi con un “novo percorso” sia per coloro che desiderassero avvicinarsi, per curiosità o per gioco, al mestiere dell’attore.
E infine il laboratorio permanente condotto dagli attori del Teatro del Segno che consentirà a ragazzi e adulti di iniziare, o proseguire per chi frequenterà la sezione avanzata, un percorso di incontro e approfondimento con le “tecniche di non recitazione”.
Il Teatro del Segno – tra dicembre e marzo – proporrà nel quartiere di Villanova nella sala di via Giardini 51 concerti, mostre e installazioni e performances – a partire dalla tranche invernale di “Suoni del Segno” mentre la prossima estate a Santu Lussurgiu e nell’Isola spazio al Festival “Percorsi Teatrali” che porta le arti e i linguaggi della scena nel “paese nel vulcano” (e non solo).
La Stagione di “Teatro Senza Quartiere” 2019-2020 si inserisce nel progetto pluriennale “TEATRO SENZA QUARTIERE/ per un quartiere senza teatro” 2017-2022 a cura del Teatro del Segno con la direzione artistica di Stefano Ledda – in collaborazione con la Parrocchia di Sant’Eusebio di Cagliari e con il patrocinio e il sostegno del Comune di Cagliari e della Regione Autonoma della Sardegna, e la collaborazione preziosa con il main sponsor TECNOCASA di Roberto Cabras che sosterrà l’intero progetto quinquennale e il fondamentale supporto dello sponsor 2019 Fratelli Argiolas carpenteria metallica, grazie al quale sono stati realizzati alcuni degli adeguamenti tecnici del palcoscenico e del teatro.
Il progetto “TEATRO SENZA QUARTIERE/ per un quartiere senza teatro” 2017-2022 vede in prima fila, accanto al Teatro del Segno, l’Accademia Internazionale della Luce, l’AIDI/ Associazione Italiana di Illuminazione – Sardegna, il Teatro Tages, il Teatro Impossibile, Luna Scarlatta, Doc Servizi e il CeDAC (Centro Diffusione Attività Culturali) che organizza il Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna.
INFO e prenotazioni
Teatro TsE – via Quintino Sella, CAGLIARI
informazioni e prenotazioni: biglietteria.teatrotse@gmail.com – M. +39 391.4867955 (anche whatsapp)
www.teatrodelsegno.com – www.teatrotse.com