Il Teatro dallarmadio ripropone la mise en scène di “Mia madre e altre catastrofi” di Francesco Abate
Presso il teatro allestito in via San Lucifero a Cagliari, venerdì 1 novembre alle 21:00 è andato in scena “Òja, o ma’ duet”, lo spettacolo in lingua sarda realizzato a partire dall’opera letteraria scritta da Francesco Abate “Mia madre e altre catastrofi” (Einaudi). Il testo di Abate, la cui traduzione si deve a Cristian Urru (Ilisso), è stato magnificamente interpretato da Rossella Faa e Fabio Marceddu, per la regia e il riadattamento teatrale di Fabio Marceddu stesso in collaborazione con Antonello Murgia, che ha curato anche le elaborazioni musicali.
Òja, o ma’ duet è il secondo appuntamento della rassegna teatrale organizzata per il terzo anno consecutivo dal Teatro dallarmadio in collaborazione con il Consorzio Camù – Centri d’Arte e Musei.
Della stessa opera teatrale “Òja, o ma’” qui presentata nel duetto Faa – Marceddu, esistono riadattamenti differenti realizzati a quattro voci: Fabio Marceddu, Giacomo Casti, Lia Careddu e Francesca Saba, o a tre: Elio Turno Arthemalle, Fabio Marceddu e Rossella Faa.
È una narrazione cruda e senza sconti, che procede incalzante tra colpi e contraccolpi, quella che fa, Francesco Abate, di sua madre Mariella, nel dare vita alla tragicommedia del rapporto sentimentale più naturale e insieme più ingarbugliato di tutti: quello tra un figlio e la propria madre. Portare questa storia a teatro è stato fisiologico: «Ho sempre guardato al teatro e al cinema ogni volta che ho scritto un libro» dice Francesco Abate, «Quando con Cristian Urru abbiamo messo mano alla versione in sardo di “Mia madre e altre catastrofi” da subito abbiamo sperato che una compagnia teatrale facesse suo questo testo e, secondo la tradizione del teatro dialettale, portasse la storia in giro per le piazze».
È il racconto di una madre attraverso gli occhi del figlio, quello di Abate che poi riecheggerà a teatro, “un gioco”, come lo definisce lui, ma anche un atto d’amore verso chi gli ha dato la vita e forse gli ha regalato anche un po’ di quella forza che gli è servita per rinascere dopo il trapianto di fegato.
Riappropriarsi della lingua sarda per raccontare la madre di Abate è stato, per Fabio Marceddu e Antonello Murgia, un modo per regalare alla narrazione un carattere più generale, così che raccontando lei si è raccontato un po’ della “madre sarda” per antonomasia: una figura ironica, forte, che non si lascia scalfire dai dispiaceri della vita ma anzi li domina come una tigre e insegna ai più deboli a diventare forti.
Sul palco, Fabio Marceddu e Rossella Faa con la loro esuberanza dominano la scena, interiorizzano i personaggi e coinvolgono il pubblico che li ripaga con un tripudio di risate. Se è vero che siamo tutti “figli di qualcuno” è altrettanto vero che, per quanto non dotati del carattere della “genitorialità” abbiamo provato, almeno una volta nella vita, quell’affetto incondizionato e disinteressato tipico del genitore. Ed è per questo e per l’indiscutibile talento che Rossella Faa fa la mamma e la fa bene, e Fabio Marceddu fa altrettanto bene la parte del figlio.
In fondo, non a caso, cantava De André: “Se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo”.