Va in scena sabato 30 novembre, ore 21, a Villa Vivaldi Pasqui a Cagliari, lo spettacolo “Lo Stronzo”, di e con Andrea Lupo, produzione Teatro delle Temperie. Lo spettacolo è parte della rassegna Teatro d’Autore de Il crogiuolo.
La trama “Lo Stronzo”:
E’ la sera del decimo anniversario di matrimonio di Luca e Lilli, la coppia è pronta per andare a festeggiare… una parola sbagliata… una reazione scomposta… lei si spaventa… si allontana… sbatte una porta… ci si chiude dietro sembra definitivamente… e a nulla servono le imprecazioni prima e le preghiere poi per farle aprire quella maledetta porta e farla tornare. Da qui comincia un difficile percorso per Luca alla ricerca di una chiave che possa aprire quella porta e restituirgli la sua relazione.
In scena troneggia al centro un’enorme porta chiusa volutamente anonima a simboleggiare tutte le porte, mentali, sociali, culturali o reali che separano il maschile dal femminile.
In scena Luca solo… in affanno… sperduto… rabbioso… in gabbia… chiuso dentro o lasciato fuori… escluso… rifiutato… incapace…
Si susseguono tre distinti piani narrativi: Luca che prova a farsi sentire da Lilli malgrado l’immensa porta chiusa; Luca che ci mostra, in una sorta di estremo riassunto, il proprio rapporto con il femminile in casa, sul lavoro e fra gli amici; Luca che cerca in se e nella propria storia famigliare quali esempi di maschile lo hanno portato ad essere quello che è diventato.
Nel frattempo nessuna risposta dalla sua Lilli che sembra sempre più aver chiuso tutte le porte ormai, lasciandosi definitivamente alle spalle Luca rimasto solo nel grigiore delle proprie convinzioni, insieme ai propri stereotipi obsoleti e alla propria incapacità emotiva e relazionale.
Il viaggio di Luca attraverserà tutte le fasi emotive possibili finchè stremato dovrà ammettere di non essere in grado di tenere il passo con una Lilli che vuole vivere intensamente e completamente la propria vita a prescindere da lui e da chiunque altro.
Resta solo, Luca, bloccato da quella porta che si renderà conto di non essere in grado di aprire non perché Lilli l’abbia realmente chiusa ma perchè è a lui che mancano i mezzi culturali ed emotivi per capirne i meccanismi e scardinarne l’impenetrabilità.
Luca esasperato dal silenzio e dall’assenza di Lilli… infuriato contro di lei e contro la propria incapacità… colmo di sensi di colpa e frustrato da una opprimente sensazione di inadeguatezza da alla fine sfogo a tutta la propria rabbia… e trova nell’aggressività l’unica valvola di sfogo, l’unico modo per uscire da quella situazione per lui ormai insostenibile.
Note di drammaturgia e di regia
Cosa può portare un uomo a commettere atti di atroce violenza su una donna?
Da dove arriva questa aggressività incontrollabile che, la maggior parte delle volte, si sfoga proprio tra le mura domestiche, sulle persone più vicine, sulle mogli, le compagne, le figlie?
I numerosissimi fatti di cronaca dai quali siamo ormai assediati sono tanto atroci quanto apparentemente inspiegabili.
Uno dei fattori che più frequentemente hanno in comune questi episodi di estrema violenza è il racconto dei conoscenti, degli amici, dei parenti: da tanti l’uomo violento viene descritto come una bravissima persona… come uno che mai e poi mai ha fatto del male a nessuno… un bravo papà… una bravo marito… uno “normalissimo”.
Per esempio mi colpì moltissimo la storia di due coniugi in partenza per le vacanze estive… lui aveva piazzato le valigie in auto e lei lo aveva criticato per l’ordine impreciso in cui erano sistemate nel vano portabagagli… lei torna in casa per prendere le ultime cose… e si attarda… lui la segue in casa e la uccide selvaggiamente di botte… alle autorità lui dirà che non ne poteva più di esser continuamente umiliato dalle critiche di lei.
Questa ricorrente “inspiegabilità” dei fatti evoca un altrove psicologico e culturale, che ho cercato di raggiungere e individuare attraverso un lungo percorso di ricerca e documentazione.
Più leggevo, più studiavo, più incontravo e mi confrontavo con altre persone, più cresceva la mia curiosità: dove trova terreno fertile quella rabbia incontrollabile, quella violenza terrificante?
E mi sono immaginato un uomo non aggressivo, tranquillo, un uomo comune.
Ho cercato di costruire un personaggio senza alcuna specifica caratteristica che lo rendesse particolare: un uomo senza alcun trauma infantile specifico, senza alcun esempio di uomo aggressivo in famiglia… senza alcun alibi e senza scuse!
Poi ho provato a calzarmelo addosso e a sperimentarlo… a metterlo alla prova… con suo nonno burbero ma mai aggressivo… con suo padre dolcissimo e vulnerabile… con suo fratello spaccone ma mai violento… con tutti gli esempi di uomo insomma che aveva avuto nella sua crescita e formazione personale e che mai gli hanno portato esempi di violenza o di aggressività nei confronti del genere femminile.
Poi l’ho inserito in un contesto lavorativo di successo e soddisfazione in modo che anche questo aspetto non potesse dare appigli per spiegare nervosismi o reazioni violente.
Poi gli ho assegnato una lunga e felice storia d’amore con Lilli (la sua compagna di sempre)… ed è qui che ho cercato di sperimentare più profondamente il suo essere maschio, uomo, marito.
In quanti modi e a quanti livelli può un uomo usare violenza nei confronti della donna che ama?!
Quanti atteggiamenti o comportamenti che vengono da chiunque riconosciuti come “normali” e non particolarmente violenti sono in realtà veri e propri soprusi?
Quando e quanto e come Luca è stato violento verso Lilli in tutti gli anni della loro relazione, senza che forse neppure lei se ne rendesse davvero conto?
Non solo alcuni uomini ma spesso anche alcune donne non riconoscono come violenti o opprimenti o discriminanti alcuni comportamenti che invece lo sono e in modo spesso devastante per la libertà e l’indipendenza e la stessa identità di alcune donne.
E’ questo il caso che mi interessa descrivere: una coppia felice, rispondente ad ogni possibile criterio di “normalità” (media su ogni media).
Un uomo comune come può essere chiunque di noi.
E un viaggio intimo e profondo nella sua sensibilità, nella sua forma mentale, nel suo essere uomo.
Cosa fa di un uomo un uomo?
E’ questa la domanda che mi ha accompagnato per mesi e mesi e alla quale non ho mai avuto la presunzione di dare risposta… ma che mi è servita come fune sulla quale arrischiare un precario equilibrio narrativo e drammaturgico.
Quali sono i pensieri, le reazioni, i comportamenti che comunemente vengono etichettati come maschili?… e lo sono davvero?… e vanno davvero a formare l’essenza dell’essere un maschio?…
Ho poi messo Luca in una situazione stressante che lo portasse a scontrarsi con tutte le proprie certezze e le proprie forme culturali e mentali.
Una situazione che lo mettesse profondamente alla prova e lo costringesse a fare i conti con se stesso e la propria mascolinità.
Ne è venuto fuori un viaggio massacrante in cui ogni caratteristica del maschile ne viene fuori fatta a pezzi, ridicolizzata, banalizzata al punto da risultare non solo obsoleta ma anche inutile e totalmente inconsistente.
Arrivato a questo punto di consapevolezza e messo alle strette da una moglie che se ne vuole andare Luca ha solo due possibilità arrendersi e cercare di ricostruire un sé maschile differente e nuovo e personale, oppure richiudersi, irrigidirsi, rifiutare l’evoluzione e scacciare ogni dubbio e ogni possibilità di cambiamento e crescita compiendo il gesto estremo e risolutivo: eliminare ciò che lo fa sentire così inadeguato e incapace… eliminare il differente… abbattere quella maledetta porta che lo separa dal femminile che non riesce a comprendere né a tollerare più…
Luca sceglie la violenza, l’aggressività… sceglie di non capire… sceglie di non scegliere… e lascia che il suo essere maschio per esser maschio, ancora una volta, abbia bisogno di opporsi fino allo schiacciare fino al distruggere il suo opposto… l’essere femmina.
Una sconfitta per ognuno di noi… una vergogna per ogni uomo…
Uno spunto di riflessione spero… perché mi piacerebbe che usciti da teatro gli uomini ripensassero a tutti quei piccoli gesti quotidiani in cui il loro essere e sentirsi uomini prevede in qualche modo l’umiliazione o l’oppressione dell’essere femmina… perché mi piacerebbe che le donne uscendo da teatro riconoscessero di essere ferite un poco ogni giorno… e non lo permettessero più a nessuno.