Un giorno indimenticabile per Rombo di tuono
A breve ricorrerà una data memorabile per i sardi e non solo, il 12 aprile 1970 il Cagliari conquistò lo scudetto, protagonisti due attaccanti, Gigi Riva rimasto nel cuore di tutti e Sergio Gori che regalarono un giorno di festa a tutta la Sardegna.
“Avrei guadagnato il triplo. Ma la Sardegna mi aveva fatto uomo, ormai era la mia terra, ci ero arrivato a 18 anni. All’epoca ci sbattevano i militari puniti. Ci chiamavano pastori o banditi. Avevo 23 anni, la grande Juve voleva coprirmi di soldi, io volevo lo scudetto per la mia terra. Ce l’abbiamo fatta, noi banditi e pastori”, parole indelebili dell’indiscusso e tanto amato campione nella storia del Cagliari Gigi Riva.
A testimonianza del suo affetto e riconoscenza per la Sardegna e i sardi, del suo attaccamento alla maglia, recentemente ha aggiunto: “Uno scudetto vinto con il Cagliari ne vale dieci con la Juventus”.
“Il mattino successivo a quella partita – Rombo di tuono racconta in esclusiva all’ANSA -, è stato forse ancora più bello. Bello perché dopo il Bari ci sembrava di sognare. Ma quando ci siamo svegliati ci siamo davvero resi conto di quello che avevamo fatto. L’abbiamo capito solo allora. Era lunedì: non c’era allenamento, ma con la squadra e Scopigno, che la sera doveva partire a Roma, ci siamo trovati all’Amsicora. Vuoto, mentre 24 ore prima era stracolmo. Lì, nel silenzio, ci siamo guardati in faccia. E abbiamo realizzato che era tutto vero”.
Per i giocatori del Cagliari di tutti i tempi è impensabile parlare di scudetto e anche nel 1970, per quanto la squadra fosse prima in classifica, la parola era usata poco.
“Non ne parlavamo mai – spiega il bomber Gigi Riva – , e pur rendendoci conto che stavamo andando veramente forte continuavamo a fare finta di niente, era il nostro modo di vivere quel momento”.
I Campioni d’Italia del 1970 scesero in campo con la loro tenuta bianca e per quanto rimasero concentrati verso il loro obiettivo, il mondo attorno a loro gli faceva capire che tutto stava andando per il meglio.
“Noi non stavamo pensando ad altro che a giocare e vincere – ricorda Rombo di tuono – non ci importava sul momento di quello che succedeva altrove, ma come stavano andando le cose tra Lazio e Juventus lo capivamo dalla panchina e soprattutto dal rumore che faceva il pubblico. Poi il fischio finale: È stato come un sogno, ci abbracciavamo tutti e ci riabbracciavamo. Quando siamo scesi negli spogliatoi c’era Scopigno in lacrime. E il pubblico era in estasi. Io penso che nessuno di quelli che era lì quel giorno, possa mai dimenticarsi di quello che è successo in quella partita”.
“Quando le cose stavano andando bene era un pensiero lontano dalla nostra immaginazione- conclude Riva-, io ero solo un ragazzo che arrivava da Leggiuno, lontanissimo, per giocare in serie B. Siamo saliti in A, ma lo scudetto era qualcosa di impensabile. Non preventivato, nemmeno quando è iniziata la stagione che ci ha portato al primo posto. E invece lo scudetto è arrivato. Una soddisfazione immensa conquistata grazie al nostro carattere e al nostro temperamento. Un campionato che abbiamo meritato di vincere”.