La prima serata del Cala Gonone Jazz Festival 2020 mette a segno il primo successo della trentatreesima edizione. Quattro concerti, quasi cinque ore di grande spettacolo.
L’apertura dei Charlie Don’t Surf con oltre dieci brani tra pezzi originali e cover, nonostante un genere molto distante dal jazz, ha coinvolto il pubblico attirando giovani spettatori e dialogando con la “vecchia guardia”, i veterani del festival e gli appassionati.
Applausi a scena aperta, dunque, in questo caldissimo giovedì di fine luglio e – col calar del sole- arrivano gli altri concerti al Festival.
Il coro Istelotte, coro maschile di Dorgali, si è poi esibito in alcuni brani tradizionali rivisti secondo lo stile inconfondibile del gruppo polifonico. Menzione particolare alla cover del compianto Leonard Cohen, l’amatissima “Hallelujah” in una versione emozionante e commovente.
Clairvoyance trio e Afrobrand
Dalle 22,00 il Festival inizia con due notevoli esibizioni: Clairvoyance trio e Afrobrand.
Nonostante l’assenza del contrabbasso di Orrù, il duo composto da Gianni Mimmo al sassofono e Silvia Corda al pianoforte e al toy piano, ha saputo reinventarsi tenendo testa al progetto originale.
“Clairvoyance è sorto grazie all’unione di sensibilità differenti e commistioni di musica tradizionale e contemporanea” introduce Mimmo “Il nostro è un interplay piuttosto intenso con diverse modalità di esecuzione e abbiamo voluto rivederlo per proporlo qui stasera”.
Le improvvisazioni e sperimentazioni non sono mancante sul palco di questo eccezionale duo. L’utilizzo di mallet sulle corde del piano, i suoni contrapposti del piano e toy piano; la modulazione controllata e perfetta del sax di Mimmo, in un’incredibile sintonia che ha impedito al pubblico di distogliere lo sguardo.
Abdullah Ibrahim
Il Festival si è concluso con il trio AfroBrand, un viaggio tra musica colta africana e la musica di Abdullah Ibrahim.
Silvia Belfiore al piano, Andrea Morelli al sax e Alessandro Garau alla batteria hanno dato una vera lezione di jazz con variazioni sul tema.
“Afrobrand nasce da me e Morelli, grazie ad un tema che ci ha particolarmente uniti: la passione per l’Africa” racconta Belfiore “Lui ha vissuto parte della sua vita ad Asmara e io conduco degli studi sulla musica colta africana.
Dopo un progetto di confronto tra la musica di Satie e quella di Duke Ellington, questo contrasto tra la musica classica – che fa parte della mia formazione- e il jazz, abbiamo deciso di coinvolgere Alessandro Garau per questa idea su Ibrahim.
Venerdì 31 luglio si torna alle Grotte del Bue Marino con Sarah Jane Ghiotti e l’omaggio a Edit Piaf.
Di sera seguiranno, al Villaggio del Jazz – dalle 19,30- Andrea Cubeddu, Sile Su’Jazz, 20,30, con la voce della cantante e musicista Vittoria Lai insieme a Marco Schirru al piano e SJ & The Black List