Confesercenti, agosto: negozi aperti per recuperare le perdite causate dalla crisi per il coronavirus. Il 55% delle attività di vicinato rinuncia alla chiusura estiva
Pubblici esercizi, negozi e botteghe aperti per crisi. Questo agosto, il 55% delle attività di vicinato rinuncerà alla chiusura estiva, soprattutto le attività delle Isole e del Centro.
A tenere le saracinesche alzate saranno le imprese delle località turistiche. Più chiusure invece fra quelle di quartiere e della città, medie e grandi, svuotate dalle ferie dei residenti. Sarà comunque uno stop di breve durata: solo sei su cento a livello nazionale fermeranno l’attività per più di due settimane. È quanto emerge da un sondaggio condotto da Swg per Confesercenti su un campione di attività di vicinato – commerciali, artigianali, turistiche e pubblici esercizi – in oltre 250 comuni di tutta Italia.
Le statistiche
Le imprese che rimangono aperte cercano di recuperare un po’ di liquidità dopo un anno difficile. L’89% degli intervistati dichiara di aver chiuso il primo semestre dell’anno con fatturati in netto calo rispetto allo stesso periodo del 2019, con una perdita media del 31%. Solo il 6% ha registrato un aumento, mentre un ulteriore 5% ha resistito, mantenendo un livello di vendite invariato.
Lombardia in testa
A livello regionale, a indicare le riduzioni di fatturato più consistenti sono le attività del Nord Ovest, Lombardia in testa, dove l’emergenza Covid è stata più intensa. In media, in questa area del paese, il 69% delle imprese dichiara un crollo delle vendite superiore al 30% nei primi sei mesi dell’anno. E luglio, purtroppo, non ha portato l’inversione di tendenza attesa: in media, il 74% delle imprese ha rilevato un andamento delle vendite insoddisfacente o molto insoddisfacente, mentre solo il 26% sembra aver agganciato il ‘rimbalzo’. L’incidenza degli insoddisfatti/molto insoddisfatti varia profondamente a livello territoriale. A raccogliere i risultati peggiori, stavolta, sono le regioni delle Isole (84%) e del sud (81%), che mostrano una ripartenza più lenta. Passando all’articolazione dimensionale, la sofferenza più elevata si evidenzia tra le imprese senza dipendenti (76% di insoddisfatti/molto insoddisfatti).
Le cause
Tra le cause di questa crisi e delle cattive performance, gli imprenditori individuano soprattutto le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria, indicate dal 62%. In seconda posizione, tra le problematiche più segnalate con il 21%, il generale rallentamento dei consumi. Una situazione critica che porta molte imprese a valutare la cessazione definitiva dell’attività. Il 7% lo sta già facendo: una quota che, rapportata al totale di imprese, si tradurrebbe in circa 50mila chiusure. Un ulteriore 45% teme di dover considerare la cessazione, invece, se la situazione di incertezza dovesse protrarsi.