Presentata a Cagliari la diciassettesima edizione di “Al Ard DOC Film Festival”
Le restrizioni dovute al Covid-19 hanno portato ad uno slittamento della data, ma quello che sembrava inizialmente poter essere un ostacolo, rischia di diventare una nuova opportunità per il Festival Internazionale “Al Ard DOC Film Festival”, in programma dal 17 al 22 agosto al Lazzaretto di Sant’Elia di Cagliari.
I dettagli della diciassettesima edizione dell’iniziativa sono stati illustrati oggi, mercoledì 12 agosto 2020. Ad illustrare il programma completo della manifestazione è stato Fawzi Ismail, Presidente dell’Associazione Amicizia Sardegna Palestina, organizzatrice del Festival. Presente anche il Direttore della Cineteca Sarda, Antonello Zanda.
“Ammiro – il commento di Giorgio Angius – la determinazione di chi, su base volontaria, organizza questo tipo di manifestazioni che denotano grande amore per la cultura e per la propria terra. Tante iniziative culturali e non solo, sono state falcidiate a causa della epidemia di Covid-19 e per questo va dato merito a chi, nonostante le difficoltà, è riuscito ad andare avanti. Con questo festival si rafforza il legame tra Sardegna e Palestina con un rapporto che, nato sulla solidarietà e sulla ospitalità, è arrivato all’aspetto culturale, grazie ad una convivenza sulla quale continuiamo a lavorare perché si sviluppi al meglio”.
Il tutto coordinato dall’Associazione Amicizia Sardegna Palestina che ha curato l’intera organizzazione e gestito il rinvio dell’iniziativa.
“Lo sguardo di Handala2”
Il Festival prenderà il via il 17 agosto con l’inaugurazione della mostra “Lo sguardo di Handala2” . Festival che proseguirà con una settimana di appuntamenti, proiezioni, dibattiti, rassegne e incontri che avranno come tema portante il Mondo Arabo.
A chiudere il giro di interventi è stato Antonello Zanda. “Il Festival nasce nel momento in cui le nuove tecnologie permettono a tutti di documentare la storia e le storie di questo popolo. E la Cineteca Sarda si è sempre occupata di valorizzare la cultura cinematografica e vuole sottolineare che si punta alla questione palestinese. Questo non deve accadere soprattutto perché il documentario non è una cosa diversa dal resto del cinema”.