Cabras ha la sua storia, chi sono i Giganti di Mont’e Prama
Chi pensa alla Sardegna pensa spesso a un mare cristallino, una spiaggia dorata, il sole sulla pelle, l’onda infranta sugli scogli, lo strepitio dei gabbiani. E probabilmente ha ragione. Ma ci sono delle opere che devono attrarre la nostra attenzione: I Giganti di Mont’e Prama
Eppure, al curioso che voglia scavare sotto la superficie, l’isola riserva qualcosa in più. Qualcosa che la terra ha gelosamente nascosto e tenuto nel suo abbraccio per secoli e ha deciso dopo 40 anni di restituire ad una nuova generazione.
I Giganti di Mont’e Prama
Stiamo parlando delle grandi figure di pietra che si stagliano contro la parete alle loro spalle, immobili, impassibili, il braccio che un tempo impugnò la sua arma ancora proteso in avanti, come congelato in quell’ istante infinito che vide il gigante addormentarsi per sempre. Ed è così che li chiamano: i Giganti di Mont’e Prama; le statue in arenaria che, a partire dal 1974, furono rinvenute, spezzate in diversi frammenti, nella località che diede loro il suo nome – Mont’e Prama, nel Sinis di Cabras, nella Sardegna centro-occidentale.
Ed oggi queste, riassemblate dopo un lavoro di restauro durato anni, vengono finalmente restituite al mondo nella loro impressionante -seppur inevitabilmente parziale- bellezza. Distribuite tra il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e il Museo Civico G. Marongiu di Cabras, le 38 statue hanno già attirato visitatori da tutta Europa e non solo, suscitando stupore e curiosità, scatenando infinite domande, emozionando, sfidando il loro pubblico.
Ed eccolo, l’aspetto più affascinante di questi capolavori in pietra: l’alone di mistero che ancora li circonda, non li lascia andare, li protegge dagli sguardi supplichevoli di chi tanto vorrebbe conoscere la loro vera identità. Quel mistero che, del resto, aleggia su tutto il mondo antico come un guardiano geloso e che tanto ci attira, ci provoca.
Le interpretazioni date nel tempo sull’identità dei giganti sono infatti molteplici: riconducibili all’età nuragica (900-700 a.C.), esponenti della statuaria tra le più antiche del Mediterraneo, le figure non hanno ancora infatti trovato una spiegazione univoca. I personaggi distinguibili sono quelli che sono stati definiti i pugilatori, gli arcieri e i guerrieri: tre tipologie figurative che lasciano semplicemente senza fiato per l’accuratezza e la bellezza dei dettagli, le dimensioni (oltre i 2 metri di altezza) e i quesiti che suscitano: siete forse dei soldati? Degli atleti, in procinto di esibirsi in giochi sacri? O avete forse vegliato sui defunti della necropoli di Mont’e Prama, che vi fu affidata, in quanto custodi, all’alba dei tempi, per tutti questi secoli?
L’esposizione
Ai piedi dei giganti, una targa; la consolle multimediale, installata al centro della sala, mi permette di visualizzare le perfette ricostruzioni in 3D di ogni statua esposta, così che, tra le mie mani che giocano sullo schermo, il modello mi presenta la scultura in tutti i suoi fenomenali dettagli, dettagli che non avevo subito notato sulla pietra; i pannelli espositivi, sapientemente disposti in ogni sala e lungo le pareti delle gallerie che mi guidano lungo il percorso dell’esposizione, presentano la storia degli scavi del sito di Mont’e Prama, avanzano ipotesi, guidano il visitatore. La mostra è organizzata in modo semplicemente magistrale: non faccio altro che pensarlo per tutta la durata della mia visita.
Eppure qualcosa mi turba. So di cosa si tratta; lo so che può sembrare sciocco, ma è quel qualcosa che mi dà i brividi ogni volta che entro in un museo. Torno sui miei passi, mi fermo nuovamente davanti al gigante. Sembra che possa osservarmi, guardingo, da lassù: ma non mi vede. Rimango a fissarlo… Ed eccola, quella sensazione, quel brivido!
È quel brivido che senti quando ti rendi conto di quanto piccolo sei davanti alla storia. Non insignificante, attenzione! Questo non l’ho mai pensato, anzi: ho sempre ritenuto che anche la cosa più piccola possa lasciare una traccia enorme nella storia. Però in questo istante – e forse perché sto ferma sotto a un gigante di 2 metri- mi sento proprio piccola: e non è una sensazione spiacevole. In qualche modo mi sento infatti compensata: quando la propria terra ti restituisce qualcosa di tanto meraviglioso, non puoi che sentirti parte di qualcosa di grande, enorme, immenso, ed è forse in quel momento, paradossalmente, che ti senti un po’ meno piccolo del solito. A costo di cadere nel banale: siamo nani sulle spalle dei giganti, è vero. E una mostra del genere non può che ricordarcelo. Sempre.
Per chi volesse conoscere una nuova faccia della Sardegna, una tappa obbligata.