Venerdì 4 settembre, ore 19, nel cortile di Casa Zapata a Barumini, Marcello Atzeni presenterà il suo libro di racconti “Nuotavo nel grano”
“Nuotavo nel grano”. Come se fosse possibile farsi il bagno tra le spighe. Per Marcello Atzeni, 54 anni di Baradili, sì, tanto che ha scelto questo titolo per il suo secondo libro che segue il primo, “Il miglio deve ancora venire”, entrambi pubblicati da Sandhi edizioni, una piccola casa editrice che ha sede a Ortacesus, in Trexenta.
Il primo libro parlava di aforismi, giochi di parole e quant’altro. Il secondo, da pochi giorni in distribuzione, contiene sessanta racconti, molti ispirati dalla vita nei campi. Racconta di un passato che a volte appare remoto, a volte assai vicino. Miglio e grano. D’altronde un agrotecnico (e biologo), anche se ha sempre fatto il giornalista, di cos’altro avrebbe dovuto parlare? “Bello questo paragone, meglio questa vicinanza botanica. Giuro che non ci avevo mai pensato- dice Marcello Atzeni-. Mi fa sorridere. Magari, inconsciamente l’ho pensato. Forse in un sogno? Non lo so”.
Dopo i saluti del sindaco Nello Lilliu, l’autore dialogherà con Sergio Naitza, giornalista e regista cinematografico. Le letture saranno affidate ad Antonio Sergi, una delle colonne della Filodrammatica baruminese. Sergi, negli anni, non solo ha recitato, ma ha anche scritto diversi testi teatrali. L’appuntamento di Barumini, viene dopo quelli di Baradili e Laconi e precede quello del 10 settembre a San Gavino, dove Atzeni, oltre a “Nuotavo nel grano”, presenterà anche “ Il miglio deve ancora venire”, suo libro d’esordio.
“Nuotavo nel grano” una raccolta di spaccati di vita contadina
Sessanta racconti bucolici, un viaggio nella campagna che non è solo marmillese, potrebbe essere anche quella della Trexenta, del Sarcidano, del Sarrabus, del Campidano, ma anche spagnola o addirittura americana.
Sessanta racconti, quasi tutti brevi. Come Carver
“Quindi devo ridere, non basta sorridere. Quando ho iniziato a scriverli, un amico carissimo, Sergio Naitza, ha citato proprio Carver. Sia chiaro, per la brevità dei testi. Racconti molto brevi, questo, per ora, è il mio modo di raccontare. Anche se alcuni racconti hanno un respiro più ampio, come “Fùbulla” o “Tzarapadderi”. Parlo anche di calcio. Chi mi conosce bene, sa che è una mia grande passione. Ho scritto tanto, tante cronache per un quarto di secolo, parlo di formazioni dilettanti. Ho giocato, senza mai appartenere a una società e ho letto. Tanto. “Fùbulla” era il nome con il quale, almeno in certi paesi della Sardegna, verso gli anni cinquanta, veniva chiamato il calcio.”Fùbulla”? Una storpiatura di football.”