Premio Solinas 2020

Premio Solinas – 35esima edizione: letteratura per l’infanzia, graphic novel e serialità d’animazione

Dalla letteratura per l’infanzia e le graphic novel alla serialità d’animazione: al via la terza giornata del Premio Solinas

Prosegue la 35esima edizione del Premio Solinas, nella suggestiva location dell’arcipelago della Maddalena, con un’altra giornata ricca di ospiti. La mattina di venerdì 25 settembre parte col botto con un’intensa Tavola Rotonda dal titolo “Tesori nascosti. Dalla letteratura per l’infanzia e le graphic novel alla serialità di animazione: talenti a caccia di pubblico”. A moderare il dibattito Davide Roberto Papini e Nevina Satta.

Una delle primissime domande poste è stata: “perché spesso si sceglie di adattare film o libri anziché creare opere originali?” Se, da un lato, può trattarsi di un furbo escamotage da parte dei produttori, i quali hanno l’occasione di sfruttare un’idea già esistente nonché di certo successo, dall’altro si può intendere anche come sfida creativa che li porta a riadattare una storia nota a linguaggi nuovi come, per esempio, il fumetto.

Il primo a dare la sua opinione a riguardo è l’autore Marino Guarnieri il quale parte del presupposto che ogni società ha modi diversi di interpretare la creatività. Basti pensare che, per quanto riguarda l’animazione, il mercato è nelle mani della Disney che ha, chiaramente, le proprie properties. Nel campo dell’animazione, tra l’altro, è raro fare remake e uno di questi casi è Mulan: un prodotto Disney fatto in animazione viene trasformato in film, un po’ come prendere un libro conosciuto e replicarlo. Tornando a bomba, Gatta Cenerentola, di cui Marino Guarnieri è regista e sceneggiatore, è proprio un film tratto da un’opera letteraria del 1600, l’omonima fiaba contenuta ne Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile.

Contestualizzando, bisogna considerare che il cinema ora sta vivendo un momento difficile e ci sono a disposizione budget sempre più alti che lasciano meno margine all’errore il che non porta a investire in idee originali. Non è scontato inventare una storia senza avere la certezza che questa possa realmente funzionare né che vedrà mai la luce. In tal senso sono preziosi i festival in cui vengono premiate le sceneggiature, proprio perché è un modo di accumulare consensi prima di mettere in scena la storia. Questo chiarisce anche perché il ruolo dello scrittore si distingue da quello del regista o del direttore artistico che, invece, intervengono in una seconda fase.

Creatività e budget sono inversamente proporzionali quindi più alto è il budget più si riduce la libertà autoriale. Non è un caso che il contesto in cui si percepisce maggiore creatività e in cui gli autori esprimono completamente se stessi e le proprie potenzialità siano proprio le scuole di cinema e animazione, laddove girano budget minori. È innegabile che la certezza che la storia che si vuole raccontare vanti un pubblico già consolidato dia una marcia in più a coloro coinvolti nel progetto. Ma è vero anche che, pur partendo da una storia strutturata, si può creare un mondo completamente differente, e questo è il caso di Gatta Cenerentola.

Come sostenuto da Bepi Vigna, noto fumettista, regista e sceneggiatore sardo, è necessario andare al passo coi cambiamenti del mondo della comunicazione. Egli ha messo in evidenza un’altra problematica, prettamente italiana, relativa al rapporto produttore-autore. Non si può prescindere dal fatto che le storie originali non esistono, basti pensare che Pretty Woman altro non è che una Cenerentola moderna. Uno degli errori più grossolani dei produttori consiste nel confondere argomento e tema emozionale. In Italia, ma in generale in Europa, c’è tuttora una sterile polemica a proposito di sceneggiatura strutturata e sceneggiatura non strutturata. Se gli americani sono vincenti in questo è semplicemente perché adottano la soluzione che funziona e ciò risponde all’industria dell’intrattenimento che richiede determinati risultati. Non è un caso che i film italiani vengano spesso definiti “irrisolti” sul piano narrativo.

Silvia Rigotto, in collegamento web da Milano, ha parlato invece di Rigotz Stories che nasce dalla necessità di creare un tessuto connettivo in grado di legare sceneggiatori e produttori. Il suo intento era proprio quello di cambiare la concezione dello sceneggiatore, visto come singolo che lavora autonomamente sulle storie. Uno dei problemi degli autori consiste nel voler tenere per sé le idee creative. Posto che sia difficile trovare sceneggiatori disposti a condividerle con altri, l’idea di Rigotz Stories è proprio quella di trattare la scrittura come un’arte e una professione e, di conseguenza, utilizzare la comunicazione come punto di forza per creare storie diversificate.

Questo vale soprattutto quando si parla di animazione seriale perché la costruzione degli episodi e la narrazione scritti da una sola persona risultano più o meno identici ma se a lavorarci sono più teste il risultato sarà una maggiore diversificazione a livello di temi e narrazione. C’è quindi bisogno di pensare a una storia che fin da subito possa andare in diverse direzioni mediatiche e questo è un concetto che, fortunatamente, in Italia sta sempre più prendendo piede.

Tornando al discorso dell’animazione, un dato risalente al 2014 è piuttosto significativo nonché spunto di riflessione: di 188 lungometraggi in animazione distribuiti nelle sale, 81 erano di produzione americana, 105 europei o prodotti in altre parti del mondo e soltanto 2 italiani. Ma, spezzando una lancia a favore dell’Italia, è proprio questa ad essere il paese europeo col più alto numero di canali televisivi (ben 27) dedicati a bambini e ragazzi. A proposito, un altro fenomeno significativo riguarda l’esportazione del Made in Italy anche nella narrazione e quindi la diffusione dell’immaginario italiano attraverso i prodotti italiani. Basti pensare che alcune serie TV nostrane come Geronimo Stilton o Calimero sono state vendute in più di 100 paesi. La dimensione del prodotto d’animazione è dunque internazionale.

Un’ospite che si è distinta, non occupandosi di animazione, è Giulia Casavecchia, Head of Sales di True Colours, società di vendite internazionali nata 5 anni fa, ormai diventata leader in Italia relativamente all’esportazione del prodotto italiano. Tale società si occupa sia dei film che vanno in concorso nei maggiori festival come Cannes e Berlino sia di opere prime di giovani autori. Uno degli esempi di maggiore successo è Perfetti Sconosciuti, venduto in circa 30 paesi assieme, aspetto ancor più interessante, al diritto di remake.

Tornando al tema dell’animazione e delle storie raccontate per immagini, come affermato da Marino Guarnieri, un film può essere sì realizzato con gli attori ma se si sceglie l’animazione è perché è più adatta a raccontare certe storie oppure per via di una passione tale da ricercare una storia idonea ad essere narrata proprio con quel linguaggio. Wes Anderson, ad esempio, partendo da un’opera letteraria di Roald Dahl, ne ha tratto un film in stop motion, Fantastic Mr. Fox. Ogni inquadratura del film, tuttavia, è riconducibile stilisticamente a Wes Anderson che, non essendo animatore, si è limitato a dirigerlo.

L’ultimo tema affrontato nel corso della mattinata riguarda il pubblico cui è rivolto il mondo dell’animazione. C’è un problema culturale radicato se gli adulti continuano a portare i bambini a guardare i film di Miyazaki, per citarne uno, senza davvero essere consci del loro contenuto. I suoi film, infatti, contengono una certa profondità di intenti che un bambino non ha la capacità di cogliere. Anche la proiezione di certi film d’autore impegnati nelle fasce dedicate ai più piccoli è altrettanto significativa.

Stesso discorso vale per Gatta Cenerentola, film per adulti ma che, di fatto, è stato visionato da tantissimi bambini in sala. Il problema, oggi, sta nel fatto che l’animazione, così come il fumetto, viene identificata come prodotto per bambini indipendentemente da quello che racconta. Tra gli esempi più recenti spicca Onward anche se gli autori della Pixar sono stati abilissimi nel creare una stratificazione perfetta per ogni tipo di pubblico. Oppure Coco che, se da un lato è godibilissimo per un bambino, dall’altro fa versare fiumi di lacrime a un pubblico più maturo e consapevole. Provare per credere!

Giunge a conclusione questa sharing room decisamente intensa e variegata che ha permesso non solo di discutere tematiche molto delicate ma anche di creare un acceso confronto tra esperti di diversi settori.

About Salvatore Uccheddu

Classe 1989. Appassionato cinefilo a 360°, degustatore di birre e di pizze. Amante dei bei film, ma anche di quelli brutti, davvero brutti. Si è cimentato come regista in lavori discutibile fattura. Irriducibile cacciatore di interviste agli addetti ai lavori della settima arte.

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