“Scuola e memoria”, il portale a cura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, rivolto alla scuola, contro l’indifferenza
“Piazza S. Pietro, dove parecchi dei camion stazionarono a lungo. Mentre i tedeschi secernevano i wunderbar da costellarne il racconto che si riservavano di fare, in patria, a qualche Lili Marleen, dal di dentro dei veicoli si alzavano grida e invocazioni al Papa, che intercedesse, che venisse in aiuto”.
Si trattava delle voci dei deportati, prelevati nella notte dalle loro case. Lo si evince tra le pagine di uno di più bei racconti, in presa diretta, di cosa avvenne a Roma il 16 ottobre del 1943. Ce lo lascia Giacomo Debenedetti in un libro dal titolo, appunto, “16 ottobre 1943”, a testimonianza della violenza perpetrata nei confronti della comunità ebraica.
“’Non la macilenta salmodia del cantore sperduto sul lontano altare; ma dall’alto della cantoria, nella romba osannante dell’organo, il coro dei fanciulli gloriava un cantico di sacra tenerezza […]‘. Era il mistico invito ad accogliere il Sabbato che giunge come una sposa. Giungeva, invece, nell’ex Ghetto di Roma, la sera di quel venerdì 15 ottobre, una donna vestita di nero, scarmigliata, sciatta, fradicia di pioggia”.
Quella donna cercava, racconta Debenedetti, di annunciare, inascoltata, cosa sarebbe accaduto poche ore dopo. Tra le ore 05:30 e le ore 14:00 del sabato 16 ottobre 1943, infatti, nel ghetto di Roma fu compiuta una retata. Vennero prelevate 1259 persone, di cui 689 donne, 363 uomini e 207 tra bambini e bambine, quasi tutti appartenenti alla comunità ebraica. Solo 16 di loro tornarono a casa dai campi di sterminio.
Prelevati tra le vie, nelle case, negli esercizi, in un’azione capillare che oltre trecento SS compirono abitazione dietro abitazione, seguendo, però, certi elenchi approntati per loro uso da qualche alacre ariano italiano. La razzia ebbe inizio intorno alla mezzanotte del venerdì 15.
A quell’ora ogni buon ebreo era coricato in letto, perché, come commenta Debenedetti, “forse la memoria di un antico coprifuoco è rimasta nel loro sangue; di quando, al cadere delle tenebre, i cancelli del Ghetto stridevano con una inveterata monotonia […] a rammentare che la notte non era per gli ebrei, che per loro la notte era pericolo di essere presi, multati, imprigionati, battuti”.
Insegnare significa non ignorare
Purtroppo è sempre doloroso ricordare come a questo scempio effettuato dalle truppe tedesche della Gestapo contribuirono anche l’azione attiva di alcuni Italiani. Questi parteciparono pure alle connivenze, i timorosi silenzi e l’indifferenza di una grossa parte del resto del paese, affetto da un plurisecolare antisemitismo endemico. Inoltre, come molti altri in Europa, l’Italia era controllata da un’intolleranza al diverso.
Oggi, nella data del rastrellamento del ghetto di Roma segnaliamo a tutte le scuole l’esistenza di un portale ad essa dedicato ‘Scuola e memoria’ a cura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Si tratta di un importante strumento per sensibilizzare e affiancare i giovani alla riflessione sui temi della Shoah, dell’antisemitismo.
E più ampiamente, cosa quanto mai importante, dedicato a sensibilizzare contro l’indifferenza nei confronti delle discriminazioni tutte, attraverso la fruizione di percorsi, di modalità pedagogiche e di testi in continuo aggiornamento, che si avvalgono di rimandi a siti specializzati e a percorsi didattici sul tema, come quello di Indire.
Il portale ha anche un secondo obiettivo di rilievo e a cui Indire intende contribuire, ovvero, quello di essere una piattaforma di scambio di Best Practice legate al tema della Shoah tra le scuole di tutto il territorio nazionale.