AGI – Keith Jarrett probabilmente non suonerà più in pubblico. Un ictus lo colpì a febbraio del 2018 e un altro a maggio dello stesso anno. A rivelarlo è il grande pianista jazz, interprete autorevole anche di musica classica, amatissimo in Italia, in una intervista al New York Times. “Ero paralizzato – ha detto, lasciandosi intervistare dal critico Nate Chinen al telefono mentre lui si trovava in una casa nel New Jersey – la mia parte sinistra era parzialmente paralizzata. Ero in grado di camminare servendomi di un bastone, me c’è voluto troppo tempo, oltre un anno. Non so – ha aggiunto – cosa ne sarà di me in futuro. Non sento di essere un pianista. E’ tutto ciò che riesco a dire”.
L’ultima volta di Jarrett in pubblico fu alla Carnegie Hall nel 2017, diverse settimane dopo l’elezione di Donald Trump, che lasciò in lui molta amarezza, tanto da parlane alla platea durante quella esibizione. L’autore di ‘Koln Concert’ sarebbe dovuto tornare nella stessa sala a marzo dell’anno successivo ma il concerto venne annullato, insieme alle altre date della tournèe.
In quell’occasione la sua casa discografica, l’Ecm fondata da Manfred Eicher, si limitò a indicare in modo generico che all’origine delle cancellazioni vi erano ragioni di salute. Nell’intervista intitolata in modo significativo “Keith Jarrett fa i conti con un futuro senza pianoforte”, l’artista – a capo di indimenticabili trio, come quello storico con il bassista Gary Peacock e il batterista Jack DeJohnette, in album come “Standards Trio 1” e altri – ha raccontato di non aver realizzato quanto grave fosse stato il primo ictus.
La malattia
Poi cominciarono a emergere altri sintomi, che lo convinsero a ricoverarsi in ospedale. Dimesso, il secondo ictus lo colse in casa. Da luglio del 2018 allo scorso mese di maggio Jarrett si è limitato a suonare al piano in casa, utilizzando solo la mano destra, ma con risultati per lui non esaltanti. “Pretendevo di essere Bach con una mano sola – ha detto – ma mi rendevo conto che stavo solo giocando”.
La notizia della malattia di Jarrett arriva nei giorni in cui esce l’ultimo album per Ecm, che in una nota ha voluto sottolineare di aver “voluto rispettare il volere del pianista, lasciarlo libero di decidere quando sarebbe stato il momento migliore per raccontarci cosa fosse successo, ecco il perché di tutto questo silenzio”. L’album è doppio e contiene il secondo concerto tratto dal tour europeo di Jarrett di quattro anni fa, dopo l’acclamata pubblicazione di Munich 2016.
“Budapest Concert”, spiega Ecm, documenta la performance solista del pianista al Bela Bartok National Concert Hall della capitale magiara. Jarrett, le cui radici familiari risalgono all’Ungheria, considera questo concerto come “un ritorno a casa”.
Jarrett e l’Italia
Il rapporto di Jarrett con l’Italia e il pubblico della penisola è sempre stato molto particolare, e felice. Fu sigillato dall’album “la Scala”, che fissa su cd un concerto tenuto al Teatro alla Scala di Milano nel 1995 e fu pubblicato due anni dopo. Si trattò, recitano le note di copertina, del “primo concerto mai tenuto da un musicista che fonda la propria arte sull’improvvisazione nel teatro d’opera più famoso del mondo”.
In quell’occasione Jarrett interpretò anche una indimenticabile “Over the Rainbow”. Dalla musica classica, in un flusso bidirezionale, Jarrett si è lasciato irretire el corso del tempo, fino a diventarne un autorevole interprete con una impronta riconoscibilissima: Mozart, Handel e Johann Sebastian Bach, il grande compositore di Lipsia, sono i suoi riferimenti.
Forse, purtroppo, tutto questo fa già parte del passato (e chiunque ami l’amore per l’arte spera che non lo sia), sebbene lo stesso Jarrett lasci scorrere ironia e riso sulla propria salute e il proprio destino di musicista: “Non mi aspetto di recuperare la mia mano sinistra”, dice al oggi al Nyt. “Il massimo che mi posso aspettare – prosegue – è di tenere una tazza in mano. Non siamo più nella scena in cui si dice ‘non sparate sul pianista’. Mi hanno già sparato. Ah-ha-ha-ha”