Tredici brani, di cui tre inediti, e un omaggio in live del 1995 a Roma
Paolo Pietrangeli canta d’amore nel suo ultimo disco. Dal 1968 è considerato il cantore dei rapporti politici e sociali. Paolo Pietrangeli stavolta ci fa scoprire un’altra faccia della sua poetica, quella che parla di amore, che indaga i rapporti uomo-donna. Lo fa con un nuovo disco, che è particolarmente importante anche per un altro motivo: sarà probabilmente il suo ultimo. Un addio alla discografia, ad un mondo musicale così diverso da quello in cui aveva iniziato. Per questo simbolicamente il lavoro sarà pubblicato solo in vinile (oltre che in digitale).
Il titolo dell’album
Il titolo dell’album è tutto un programma, “Amore amore amore, amore un c***o”, e fa capire che all’interno non manca l’inconfondibile, aguzza ironia dell’artista romano.
Il lavoro è pubblicato in vinile per dare il giusto valore a canzoni che hanno un peso specifico elevato, che respingono la superficialità, che hanno bisogno di essere accolte in un oggetto di fascino e bellezza com’è un lp.
“Ho iniziato dal vinile e concludo con un vinile”, chiosa il cantautore romano (anche se ci si augura che cambi idea). Paolo Pietrangeli è una figura importante per la cultura e lo spettacolo in Italia non solo come cantautore, ma anche come regista cinematografico e televisivo. Nella sua ormai lunga storia è stato anche aiuto regista di mostri sacri come Luchino Visconti, Federico Fellini, Mauro Bolognini.
Sono tante le cose che ha da raccontare. Per questo tra una traccia e l’altra dell’album, Pietrangeli infila ricordi e aneddoti su se stesso e i suoi 75 anni, sulla sua gioventù e sul rapporto conflittuale con suo padre.
In sintesi, racconta tutto ciò che ha formato la sua poetica fatta di ironia, giochi di parole e metafore. Storie e filastrocche divertenti, ma anche intrise di melodia ed emozione. L’album è pubblicato su label Bravo Records/Ala Bianca, con distribuzione Warner. Contiene anche un omaggio: nella terza di copertina si trova infatti un QR Code.
Paolo Pietrangeli racconta il disco
L’album nasce come reazione all’insopportabile uso della parola. Come repulsione a ogni vezzeggiativo, “sdolcineria” verbale, lallazione di adulti rincretiniti ma capaci delle peggiori nefandezza. Ma forse è colpa dell’età, la mia, che mi fa essere intollerante. A forza di sentire “L’Italiana in Algeri” da un 78 giri con sopra l’effige del cane di fronte al fonografo e intorno la scritta “disco grammofono”, i solchi erano diventati trincee per difendere Arturo Toscanini dai fascisti. L’esecuzione di “Katia” da un altro 78 mi ha accompagnato lungo tutti i settantacinque anni della mia vita, svaniti con la leggerezza e la rapidità di un soffio. “Katia danzava nei tabarin eleganti tra mille rose e fior, Katia danzava tra mille spasimanti e inebriava i cuor, Oh Katia, d’un tratto il principe le chiese, Oh Katia, è Pietrogrado il tuo paese? No rispose Katia, ma però un certo fascino ce l’ho, caro. Son puro sangue bolognese”.
La vendetta del digitale “costringe” a inserire nel pacco un QR code.
Fotografatelo col vostro telefonino e buon ascolto di un concerto (una cantata) tenuta da me nel ’95. Vi prego almeno ascoltatelo con le cuffie. Sentite che tiro, che forza, che emozione.