Le attenzioni dei ricercatori del Dohrn, coordinati da Luigi Musco, sulla “Syllis rosea”, comune nel Mediterraneo.
C’è un minuscolo verme marino, comunissimo nel Mediterraneo. Sembra aver brillantemente risolto il problema, di accudire la prole, assicurandole cure parentali senza troppi affanni. E stavolta non c’entrano nonni e baby sitter, a quanto pare. La soluzione, piuttosto, il piccolo verme marino – Syllis rosea il suo nome scientifico – l’ha trovata grazie alla clonazione. Proprio così. Affida a un suo alter ego, creato ad hoc e poi destinato inesorabilmente a morire, le incombenze legate alla cura della progenie.
La scoperta arriva da uno dei centri d’eccellenza italiana, la stazione Anton Dohrn, spesso all’avanguardia nelle ricerche sulle mirabilie del mondo sommerso.
Allo studio di quei piccoli vermi sconosciuti ai più si è dedicato un team guidato da Luigi Musco, ricercatore presso il Dipartimento di Ecologia Marina Integrata del Dohrn. L’esito è per certi versi sorprendente. Portati in acquario, i piccoli vermi – che sono lunghi, da adulti, poco più di un centimetro e vivono tra le alghe, in particolare lungo le coste rocciose, a partire da un metro di profondità e sono presenti anche nel golfo di Napoli – hanno prodotto lo stolone. Una sorta di “alter ego” riproduttivo, cui – con l’inizio della primavera – viene affidata l’incombenza di sessualità e riproduzione. Sin qui, nulla di nuovo.
«Accade per altre specie, era ciò che ci aspettavamo», spiega Musco.
Gli stoloni maschio, dopo aver assolto al loro compito, sono morti come previsto. Era il loro scopo: la natura “progetta” e dispone. Ma le femmine, invece, si sono comportate in modo diverso. Ed è su quelle che s’è dunque concentrata la ricerca del team, che ha coinvolto anche il dipartimento di biologia dell’Università di Pisa, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e l’università del Salento.
«Invece di liberarsi delle uova in acqua – spiegano i ricercatori – le hanno deposte formando una sorta di piccolo bozzolo e, cosa ancora più interessante, vi ci sono avvolte attorno formando una sorta di matassa vivente. Di fatto, lo stolone femmina si è messo a covare le uova proteggendole fino alla loro schiusa».
Baby sitter a tutti gli effetti, insomma, clonate dall’individuo mamma allo scopo di garantire la cura parentale della prole.
Così, dopo una settimana una miriade di piccoli vermi si muoveva all’interno e sopra la matassa animata, con la “mamma clone” sempre intenta a proteggere la prole. «Siamo rimasti sorpresi di osservare cure parentali in organismi così semplici – sottolineano i ricercatori – e ancor di più vedere un animale impossibilitato a nutrirsi, sopravvivere per quasi due settimane col solo fine di prendersi cura della progenie».
Dopo tredici giorni, lo stolone femmina muore. Ha del resto assolto al suo compito, quello di baby sitter delle larve. Che possono così intraprendere la loro vita, nascondendosi e proliferando tra le alghe delle coste rocciose. Habitat privilegiato di questo sorprendente genere di policheti. Il comportamento, mai osservato prima in questo gruppo di animali, potrebbe tuttavia essere molto più diffuso di quanto si pensi, secondo gli scienziati. Ed è per questo che la scoperta “made in Napoli”, che si nutre di ricerche svolte anche in Puglia e Toscana, aiuterà a guardare con altri occhi il microscopico mondo sottomarino del golfo partenopeo, e non solo. «Del resto – conclude Luigi Musco – la natura ci riserva sorprese ogni volta che vi entriamo in contatto: basta osservarla».