La scoperta evidenzia che nelle cause principali della malattia ci sarebbe la mutazione di un enzima; questo apre porte a nuove terapie.
La mutazione di un un enzima chiamato MARK4 è responsabile della produzione di una proteina alterata, il cui accumulo nel cervello innesca la neurodegenerazione (morte dei neuroni) e il conseguente morbo di Alzheimer. La proteina tau derivata dalla mutazione si aggrega più facilmente ed è insolubile. La mutazione, in parole semplici, modifica le caratteristiche di alcune proteine rendendole più suscettibili all’aggregazione e meno solubili; questo processo favorisce l’accumulo di grovigli nel cervello, che sono associati alla neurodegenerazione. La scoperta apre le porte a nuove, potenziali terapie contro la patologia, al momento incurabile. Il morbo di Alzheimer, infatti, è la principale forma di demenza al mondo.
A scoprire il modo in cui la mutazione di un enzima può scatenare il morbo di Alzheimer è stato un team di ricerca giapponese. Questo: guidato da scienziati della Facoltà di Scienze dell’Università Metropolitana di Tokyo. Loro hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Centro Nazionale per la Geriatria e la Gerontologia. Gli scienziati, coordinati dal professor Kanae Ando, docente presso il Dipartimento di Scienze Biologiche dell’ateneo nipponico; sono giunti alle loro conclusioni dopo aver lavorato sull’enzima MARK4 (Microtubule Affinity Regulating Kinase 4), associato alla funzione dei microtubuli.
La Storia dell’Alzheimer.
Nel 1901, il dottor Alois Alzheimer, uno psichiatra tedesco, interrogò una sua paziente di 51 anni, la signora Auguste D. Le mostrò parecchi oggetti e successivamente le domandò che cosa le indicarono. Lei non poteva però ricordare. Inizialmente registrò il suo comportamento come “disordine da amnesia di scrittura”; la signora Auguste D. ,però , fu la prima paziente a cui diagnosticarono quella che in seguito sarà conosciuta come malattia di Alzheimer. Alois Alzheimer affidò successivamente all’italiano Gaetano Perusini, un giovane e brillante neurologo udinese, il compito di raccogliere informazioni e dati su casi analoghi. Perusini descrisse altri casi, approfondendone gli aspetti clinico-patologici corredandoli di abili disegni a mano.
Tali osservazioni e disegni, pubblicati da Alzheimer su un lavoro comparso nel 1910, (Contributi alla conoscenza delle patologie neurologiche e le sue relazioni con i processi di degradazione del tessuto nervoso) sulla rivista Histologische und histopathologische Arbeiten über die Grosshirnrinde (Studi istologici e istopatologici sulla corteccia cerebrale), ma senza il nome di Perusini. Negli anni successivi vennero registrati in letteratura scientifica undici altri casi simili; nel 1910 la patologia venne inserita per la prima volta dal grande psichiatra tedesco Emil Kraepelin; nel suo classico Manuale di Psichiatria, venendo da lui definita come “Malattia di Alzheimer“, o “Demenza Presenile“. Il termine è inizialmente utilizzato solo per le rare forme “early-onset” (ovvero, con esordio clinico prima dei 65 anni). Dopo il 1977 lo estesero a tutte le forme di Alzheimer.