In occasione della Giornata Mondiale dell’Ictus Cerebrale che si celebra giovedì 29 ottobre, la Società Italiana di Neurologia diffonde alcune importanti raccomandazioni.
In questo periodo di pandemia è bene non abbassare la guardia sull’ictus, ma fare attenzione ai sintomi di esordio della malattia e, in caso di sospetto, chiamare tempestivamente i mezzi di soccorso attraverso i numeri 112 o 118 per il trasporto in un Centro specializzato per la cura dell’ictus (Stroke Unit). “Purtroppo – ha affermato il Prof. Massimo Del Sette, Vicepresidente Società Italiana di Neurologia; la recente esperienza legata alla epidemia da COVID 19 ci ha dimostrato che vi è stata una riduzione degli accessi per ictus in tutta Italia durante il periodo di lockdown. Probabilmente dovuta al timore di contagio intra-ospedaliero. Proprio in questo momento è invece importante sottolineare quanto il tempo di intervento sia cruciale per garantire l’efficacia delle terapie. I vantaggi di un intervento urgente superano di gran lunga i potenziali rischi di una ospedalizzazione”.
Basta uno tra i seguenti sintomi a far scattare l’allarme ictus.
Avere improvvisamente la bocca storta, non articolare bene le parole o non comprendere più il linguaggio; non poter più muovere un braccio e/o una gamba dello stesso lato del corpo; incapacità nel coordinare i movimenti o a rimanere in equilibrio; non vedere chiaramente metà o una parte di un oggetto; presentare acutamente un mal di testa molto forte e localizzato che sia diverso dalla solita cefalea. “Recentemente – ha commentato il Prof. Gioacchino Tedeschi, Presidente Società Italiana di Neurologia – sono state pubblicate le nuove linee guida ISO-SPREAD con importanti novità circa la diagnosi e il trattamento dell’ictus ischemico che riguardano l’ampliamento della finestra temporale per le cure sia attraverso farmaci trombolitici, sia attraverso la trombectomia.
Risultano ampliati anche i criteri di selezione dei pazienti candidati a queste terapie; con un conseguente aumento del numero delle persone che possono beneficiare delle cure”. L’ictus cerebrale consiste nella occlusione (ictus ischemico) o rottura (ictus emorragico) di un’arteria cerebrale. Questo fa registrare, solo in Italia, tra i 120.000 e 150.000 nuovi casi l’anno. In particolare, l’ictus ischemico rappresenta la prima causa di disabilità, la seconda causa di demenza e la terza causa di morte nel mondo industrializzato.
Oggi i principali strumenti terapeutici a disposizione per l’ictus ischemico sono costituiti dalla trombolisi e dalla trombectomia.
La trombolisi sistemica consiste nella somministrazione di un farmaco in grado di disostruire l’arteria cerebrale occlusa, mentre la trombectomia consiste nella rimozione meccanica del trombo grazie a sistemi di aspirazione e alla introduzione di uno stent di nuova generazione introdotto attraverso un’arteria, che si apre una volta raggiunta l’arteria occlusa. Spesso le due terapie vengono associate, poiché si è visto che il binomio terapeutico di trombolisi farmacologica sistemica e trattamento endovascolare mediante trombectomia meccanica consente di ridurre in modo significativo la mortalità e la disabilità causate dall’ictus ischemico.