L’intervento di Paolo Giacomelli, vice direttore di Utilitalia.
Rifiuti: servono 15 impianti di trattamento (con biometano) e 5 termovalorizzatori. Gli strumenti: Recovery fund e partenariato pubblico-privato.
Nella discussione sull’allocazione delle risorse del Recovery fund non c’è bisogno di voli pindarici, ma di elementi concreti e di sano realismo. Soprattutto se immaginiamo un piano di interventi che riguardano la gestione dei rifiuti urbani. I dati di partenza sono semplici e noti: ogni anno in Italia vengono prodotti oltre 500mila tonnellate di rifiuti organici.
Cos’è il Recovery fund
È con l’arrivo del coronavirus che l’intero Vecchio Continente ha iniziato a domandarsi cos’è il Recovery Fund e come funziona questo particolare strumento. L’UE ha infatti compreso la necessità di adottare soluzioni condivise per il recupero economico del blocco ed è proprio in questo contesto che ha trovato terreno fertile la nascita del fondo.
Già ad aprile scorso il premier Giuseppe Conte lo aveva definito una parte essenziale nella trattativa con l’Unione europea, ma da quel momento sono cambiate molte cose. In linea di massima, il tanto discusso Recovery Fund potrebbe essere definito come un mezzo per sostenere l’economia del Vecchio Continente. Ma non solo, anche quella dei singoli Paesi più colpiti dalla crisi del coronavirus.
I rifiuti e lo smaltimento
Lo smaltimento dei rifiuti, in una società come la nostra, detta anche “società dei consumi”, è tra i più gravi problemi da risolvere. Non solo perché è causa di inquinamento ambientale (lo stoccaggio dei rifiuti infatti può essere altamente nocivo), ma anche per lo spreco di nuovi materiali e di energia necessaria per la produzione.
Lo smaltimento dei rifiuti può avvenire in modi diversi, a seconda delle loro caratteristiche. I rifiuti possono essere smaltiti nelle discariche, bruciati negli inceneritori, trattati nei compostaggi o in altri impianti specializzati oppure riciclati per un nuovo uso.