Ecco perché la musica preferita dà i brividi

Ecco perché la musica preferita dà i brividi

Se un brivido ci corre lungo la schiena quando ascoltiamo la nostra musica preferita, è perché diverse aree del cervello si attivano simultaneamente scatenando uno tsunami di piacere.

Lo dimostra uno studio francese, pubblicato su Frontiers in Neuroscience dai ricercatori dell’Università della Borgogna Franca-Contea. Lo studio ha coinvolto 18 volontari (con un’età media di 40 anni) abituati a provare i brividi durante l’ascolto della loro musica preferita. Per scatenare il fenomeno in laboratorio, sono stati invitati ad ascoltare 90 estratti musicali per un totale di 15 minuti. Durante l’esperimento i partecipanti dovevano indicare i momenti in cui sentivano la pelle accapponarsi e l’intensità del piacere provato. Nel frattempo il loro cervello veniva monitorato in modo non invasivo con un elettroencefalogramma ad alta densità di elettrodi sullo scalpo. I risultati dimostrano che i brividi si manifestano quando si registrano segnali elettrici a bassa frequenza (onde Theta) nella corteccia orbitofrontale (una regione del cervello coinvolta nell’elaborazione delle emozioni), nell’area motoria supplementare (legata al controllo dei movimenti) e nel lobo temporale destro (coinvolto nel processamento e apprezzamento della musica).

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Queste aree lavorano insieme per rielaborare la musica e accendere il sistema di ricompensa che porta al rilascio del neurotrasmettitore del piacere, la dopamina. Il meccanismo, combinato con la piacevole aspettativa delle note preferite della canzone, produce il brivido. La cosa più affascinante, secondo i ricercatori, è che “la musica non sembra determinare benefici biologici; eppure l’implicazione della dopamina e del sistema di ricompensa suggerisce che abbia una funzione ancestrale”. Questa potrebbe risiedere nell’attesa in cui prevediamo la parte da brividi del brano musicale. CIoè: “essere in grado di prevedere ciò che accadrà – concludono gli esperti – da un punto di vista evolutivo è essenziale per la sopravvivenza.

La musica d’ambiente.

Con il termine musica d’ambiente (o, sempre in una traduzione italiana, musica ambientale); in inglese ambient music o, in forma abbreviata, ambient (in italiano è infatti comunemente chiamata anche musica ambient). Con questo si indica un genere musicale in cui il tono e l’atmosfera possono assumere più importanza dei valori di ritmo e struttura; così come vengono tradizionalmente concepiti in ambito musicale. Non va confusa con la musica per ambienti o Muzak, alla quale si oppone. Della musica ambientale si dice che evochi qualità di “atmosfera”, “visive” oppure di “discrezione”. È generalmente identificabile come un genere musicale caratterizzato da suoni ampiamente atmosferici e naturali.

La musica d’ambiente si evolse agli inizi del Novecento, con i primi esperimenti di musica “semi acustica”; passando per l’impressionismo di Erik Satie, e la musica concreta e il minimalismo di Terry Riley e Philip Glass. Dopo nel jazz Paul Horn che suonò da solo all’interno di ambienti come la piramide di Giza o il TajMahal; in tempi più recenti, invece, dalla musica di Brian Eno. Con gli sviluppi successivi, si scoprirono gli elementi ‘sognanti’ non lineari della “ambient” applicati ad alcune forme della musica ritmica. Questa presentata da quella nei locali “chillout” e ai rave ed altri eventi dance; da sempre con la funzionalità principale della musica di catturare lo stato d’animo dell’ascoltatore, e farlo uscire dalla propria coscienza.

About Andrea Quartu

Studio Scienze Della Comunicazione. Estremamente sopra le righe e appassionato di moda. Mi piace molto scrivere, ma ho sempre paura di sbagliare le virgole.

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