INova 22: un viaggio sull’importanza della comunicazione che parte dalla marca, passando per le lacrime degli eroi, per finire alle Burger Wars.
La puntata 22 di INova si concentra sull’importanza della comunicazione. Ciò viene fatto affrontando alcuni tempi che sono quanto mai attuali. Si parte dalla moda, dal suo significato e dell’importanza che quest’ultima abbia una reale comunicazione con il cliente. Si passa poi alle “lacrime degli eroi” che vengono messe in relazione con le lacrime di oggi e le sue tante sfaccettature. Il punto di arrivo sono poi le Burges Wars. O meglio, la capacità di alcuni brand di mettere da parte questa guerra e accettare una tregua forzata. Il tutto affrontato dal punto di vista dell’importanza della comunicazione.
La marca del significato o il significato della marca
Il capitale narrativo di marca é un magma di significato ancora informe. Primordiale pantalassa di senso. È un contenuto in attesa di una formalizzazione attraverso il racconto. Una emissione in potenza. Una storia mobile che può cambiare stile nei vari racconti di marca (come negli esercizi di Queneau) a seconda della tensione culturale latente in un preciso momento dato della società. Ma così allora la marca dovrà ogni volta tradire sé stessa per inseguire i propri pubblici? Secondo Studiowiki, invece, la marca dovrà saper declinare di volta in volta la propria stori. Come un racconto adatto al momento: al tempo e al luogo. Dovrà, certo, seguire perché saprà ascoltare. E dovrà dire perché avrà un valido motivo per farlo. Dovrà allenarsi a leggere anche i segnali deboli.
Se la marca saprà dare forma a se stessa e ai suoi valori, saprà essere effettivamente rilevante rispetto ai suoi pubblici. Ma non solo. Sarà fatto se – e solo se – riuscirà a costruire una connessione emotiva con loro, a creare una comunicazione attiva. Se sarà interessante, ovvero per loro pertinente. Insomma se sarà utile. Utile non per il valore d’uso che dal prodotto si trasferisce alla marca. Ma, viceversa, utile per il valore di scambio che dalla conversazione di marca si trasferisce al prodotto. Infatti, si comprano prodotti ma si scelgono marche. Ed è questa scelta il driver d’acquisto del prodotto. La variabile prezzo è attiva a un livello più superficiale e meno coinvolto. Guardiamo il prezzo, è vero. Lo facciamo per risparmiare denaro da dedicare all’acquisto di valore.
La comunicazione nelle lacrime degli eroi
Stefano Romasi, social media manager di Studiowiki ha condiviso una sua lettura di “Le lacrime degli eroi” di Matteo Nucci. Le lacrime degli eroi è un viaggio intimo nelle emozioni di eroi leggendari. Tra questi Achille, Patroclo, Ettore. Per disperazione, dolore, rabbia, amore, nostalgia. Gli eroi piangono a viso aperto. Senza risparmiarsi e senza provare vergogna. È la tesi dell’età omerica, secondo l’autore, per cui gli eroi sono eroi e tuttavia piangono. L’atto supremo del coraggio è il pianto. Le «lacrime calde» (contrapposte alle «lacrime gelide», quelle che non sono autentiche), fanno sentire vivi. Dopo un grande dolore riportano alla vita. Poi con l’età classica di Platone tutto questo cambia e Pericle viene “condannato” per le sue lacrime. Platone nella Repubblica bandisce le lacrime. “I futuri governanti della città non devono abbandonarsi alla loro fragilità. Non possono diventare troppo emotivi”.
Nucci nel suo testo si chiede chi possa essere definito eroe. Non colui che vince ma colui che ci prova fino alla fine. Colui che “realizza la propria umanità fatta di ragione e sentimenti”. Usare la propria emotività senza paura è un segnale di consapevolezza e di intensità rispetto a quanto si sta facendo. Dal punto di vista psicologico è possibile dire che coloro che sanno essere tristi in pubblico non sono solo coraggiosi. Ma anche attivisti per una società più sana emotivamente. È necessario che creino un canale di comunicazione.
Oggi di lacrime ne esistono tante. Lacrime di commozione, lacrime di tristezza, lacrime di felicità. Ma esistono anche le lacrime di coccodrillo, le lacrime false, quelle fini a se stessa.
Dalle burger wars alla tregua forzata
Sarà capitato a tutti di imbattersi nell’ultima perla infilata nella storia pubblicitaria. Si parla dei due brand Mc Donald e Burger King e della loro “relazione”. A partire dalla fine degli anni ’70 hanno stupito i loro clienti come pochi altri. Tutto ciò giocando sulla pubblicità comparativa a colpi di spot e di out of home. Negli USA ha un suo nome: si chiama Burger Wars.
I brand, soprattutto le grandi marche e i love brands, dialogano tra loro. Si può dire che “stanno sul pezzo” e reagiscono ai cambiamenti della società. Anche rispetto alla crisi sanitaria ed economica. Lo abbiamo visto alcuni mesi fa: i brand che hanno saputo continuare a comunicare anche durante il lockdown, sono quelli che hanno subito le minori perdite. Non a caso in pieno lockdown, McDonald e con lui molti altri marchi, aveva “distanziato” gli archi della sua M.
Mentre la Burger War prosegue a colpi di campagne, talvolta uno dei due marchi (quasi sempre Burger King, meno posizionato) chiama in causa l’altro con un obiettivo “sociale”. Oggi un nuovo colpo di scena, di teatro, di retorica. Con una campagna sul mercato inglese, Burger King invita ad andare dalla concorrenza. Decide quindi di forzare il senso con gli strumenti della pubblicità comparativa ribaltati allo scopo – apparente – di sostenere il comparto. Promuove il proprio “peggior nemico” per promuovere nessun altro che sé stesso. Un colpo di genio. Burger King pone l’attenzione sulla solidarietà nei confronti dei lavoratori del comparto – che sono anche i suoi – colpiti dal nuovo ordine di lockdown con la sola possibilità della consegna a domicilio. Contemporaneamente – mostrando la benevolenza di chi concede tregue nei momenti di difficoltà – posiziona il suo love mark in piena empatia con i suoi consumatori. Lo stesso target del competitor. Sempre un passo avanti. Una partita a scacchi infinita.