La seconda ondata pandemica sta minando ulteriormente l’equilibrio psicofisico dei lavoratori. I consigli della psicologa
Smart-working: nella fase di emergenza della pandemia, l’incidenza del lavoro da casa è salita al 18,5% (ad aprile 2020) interessando più di 4 milioni di italiani.
In attesa dei decreti e della direttiva europea sullo smart working, che dovrebbe essere emanata nel 2021, è necessario intervenire con azioni ad hoc, volte a introdurre in modo corretto due requisiti-chiave per un ‘buon lavoro agile’. Da un lato la cultura di questa modalità di lavoro, dall’altro regole chiare che tutelino tutti gli attori coinvolti. Altrimenti, se queste due condizioni non si verificano, fanno notare gli Psicologi del Lavoro che partecipano al Tavolo Tecnico ENPAP sulla sicurezza sul lavoro.
Adeguati strumenti di formazione
Per evitarlo, sottolinea Felice Damiano Torricelli, Presidente ENPAP e a guida dei lavori del Tavolo Tecnico, «Gli strumenti della Psicologia saranno la chiave di volta. La transizione nel giro di pochi giorni ha portato 6-8 milioni di italiani a lavorare in Smart-working, è stato un acting out necessario. Da Psicologi però sappiamo che affinché questo approccio al nostro sistema lavoro risulti efficace e si consolidi, occorre intervenire con adeguati strumenti di formazione e di consulenza. Necessaria anche un’attenzione alle esigenze specifiche; in primis, quella di conciliare le esigenze lavorative con quelle personali e familiari».
Quindi, cosa serve per far sì che questa non resti solo una ipotesi teorica? «Una riorganizzazione del lavoro, avendo ben chiaro che una messa in pratica dello Smart-working non spetta solo a chi si occupa Risorse Umane. È una attività che va condivisa, che va pensata, studiata, analizzata, e adattata a ogni singola realtà produttiva. Un controllo nazionale su questo tema potrebbe essere anche l’occasione per analizzare con più attenzione le altre difficoltà che potrebbero emergere in futuro.», precisa Pier Giovanni Bresciani, Presidente Siplo.
Una figura competente
Prevedere una figura competente a supporto della messa in pratica del lavoro agile nelle realtà aziendali, sarebbe un auspicabile fattore di qualità e di successo. «Chi lavora continuano a essere le persone. Vanno valorizzate, vanno ascoltati i loro bisogni. In Smart-working, però, diventa complesso farlo senza minare la loro motivazione. Anche perché la convinzione del ‘se non ti vedo, non è detto che tu stia lavorando’ è ancora piuttosto diffusa. È un atteggiamento aziendale comprensibile storicamente, ma ormai fuori dal tempo», aggiunge Pier Giovanni Bresciani.
I rischi dello Smart-working
Quali i rischi di uno Smart-working mal applicato? «C’è una cosa da non sottovalutare, relativa alla sicurezza sul lavoro. Se da una parte il lavoro agile permetterà di ridurre gli incidenti sul lavoro, dall’altra potrebbero aumentare quelli domestici.», premette Fabio Tosolin. «L’attività svolta in ambienti protetti, progettati tenendo in conto le esigenze di sicurezza, ha consentito nel corso degli anni di ridurre in modo consistente i rischi. Con un livello di efficacia ben difficilmente riproducibile in innumerevoli e non presidiabili ambienti domestici».
«Un’altra delle problematiche che potrebbero sorgere riguarda proprio questo aspetto. Il lavoro agile tende a far diminuire i riscontri e questo fa scendere drasticamente la motivazione, con conseguente aumento dello stress. «Un ulteriore elemento di criticità dovuto alla diminuita possibilità di vedere e valutare il lavoro in corso d’opera è la frustrazione che deriva dal feedback.
Un feedback negativo ricevuto durante l’attività comporta infatti un disagio, data la necessità di correggere. Il feedback negativo o correttivo ricevuto dopo l’invio telematico del lavoro concluso, risulta invece molto più frustrante e meno efficiente. Costringe a rifare da zero, o almeno in gran parte ciò che si riteneva completato. Inoltre, affinché un lavoro continui a essere stimolante per chi lo svolge è necessario non solo fornire ai lavoratori un feedback, ma occorre anche garantire che almeno per l’80% i riscontri siano positivi. In assenza di orari definiti e scanditi da regole, si rischia di non disconnettersi mai.
Vi sono degli accorgimenti?
Quali gli accorgimenti da adottare subito, per via che questi rischi siano contenuti? «In primis, mettere tutti nelle condizioni di avere buoni strumenti tecnologici, un’ottima connessione e buoni sistemi di sicurezza. E soprattutto mantenere molto elevato il ritmo del feedback, aumentando la motivazione. Un altro accorgimento, assegnando compiti a distanza, è evitare frasi tipo ‘fai attenzione quando lavori’, o simili. Meglio specificare maggiormente i comportamenti con suggerimenti come ‘ti chiedo di riportare nell’offerta anche i costi di manutenzione’.
Anche spezzettare i grandi compiti degli lavoratori a distanza, è un eccellente accorgimento per aumentare le occasioni di scambio e di apprezzamento. In sintesi, andrà strutturato un sistema che consenta costanti valutazioni, riducendo il rischio di decadenza della motivazione. Sicuramente, le imprese che riusciranno a trarre profitto dallo Smart-working saranno quelle capaci di una completa rivisitazione delle abilità di gestione. Purtroppo, in questo momento, il costo dell’improvvisazione o del mantenimento delle abitudini manageriali precedenti potrebbe essere molto salato. Investire in Management permetterebbe di aumentare la produttività di tutti, con tutte le conseguenze positive correlate», conclude Tosolin.