Uniti fino alla fine. «Stefano ci ha lasciato» e le firme degli altri, Roby, Red, Dodi e Riccardo. È morto ieri sera Stefano D’Orazio, batterista dei Pooh.
Il resto della band, nonostante lo scioglimento del 2016 dopo 50 anni di carriera, ha voluto ricordarlo con una sola voce. Un messaggio uguale per tutti postato anche sui profili social personali. «Era ricoverato da una settimana e per rispetto non ne avevamo mai parlato… nel pomeriggio, dopo giorni di paura, sembrava che la situazione stesse migliorando… poi, stasera, la terribile notizia», raccontano gli amici-colleghi. Il messaggio prosegue: «Abbiamo perso un fratello, un compagno di vita, il testimone di tanti momenti importanti, ma soprattutto, tutti noi, abbiamo perso una persona per bene, onesta prima di tutto con se stessa. Preghiamo per lui». A dare la notizia su Twitter per primo è stato l’amico Bobo Craxi che ha ricordato anche le sofferenze degli ultimi anni.
Romano, classe 1948, D’Orazio era entrato nella band nel 1971 quando Valerio Negrini, il batterista della prima formazione, aveva deciso di lasciare il palco ma di rimanere nel gruppo soltanto come autore dei testi. E a fianco del «quinto Pooh» aveva anche contribuito alla scrittura dei testi di molti dei brani del repertorio della band. La batteria aveva iniziato a suonarla folgorato dal primo disco dei Beatles: «Trascorsi due settimane a cercare di emulare Ringo e suonare su una vecchia scatola di scacchi con due mestoli presi in cucina», raccontava. A fianco del ruolo artistico, Stefano era quello che nell’azienda Pooh Spa si occupava degli aspetti legati ai contratti e al marketing.
Dopo anni di successi e tour, nel 2009 aveva deciso di mollare la band.
Dopo anni di successi e tour, nel 2009 aveva deciso di mollare la band. Scelta non condivisa — ma rispettata in pieno stile Pooh — da Roby, Dodi e Red. «Decisivo è stato soffiare sulle 60 candeline e realizzare che avevo speso più per quelle che per la torta. Ho suonato il tamburo tutta la vita. Ora vorrei fare altro». E altro aveva fatto. Soprattutto musical: nel 2010 aveva firmato «Aladin» e i testi in italiano di «Mamma mia». L’anno dopo «W Zorro» e nel 2013 «Cercasi Cenerentola». Sempre incrociando il percorso artistico con quello degli ex-compagni di band. Che erano riusciti a convincerlo a ritornare per il tour d’addio e le celebrazioni dei 50 anni di carriera nel 2015-6. Con Facchinetti stava collaborando per un’opera su Parsifal e nella prima ondata della pandemia avevano scritto «Rinascerò rinascerai», brano benefico di Roby dedicato a Bergamo.