Dopo settimane di dichiarazioni, indiscrezioni e bozze trapelate, la Commissione europea ha presentato ufficialmente la Strategia sull’Idrogeno UE (A hydrogen strategy for a climate-neutral Europe).
Il Piano, uno dei capisaldi del Green Deal europeo voluto dall’esecutivo von der Leyen, ha un duplice obiettivo. Da un lato mira ad estendere l’uso del vettore in sostituzione dei combustibili fossili, dall’altro a decarbonizzarne la produzione. “La nuova ‘hydrogen economy’ può essere un motore di crescita e quindi aiutarci a superare il danno economico causato dalla pandemia di COVID-19”, ha spiegato il Vicepresidente esecutivo, Frans Timmermans. “Sviluppando e implementando una catena del valore dell’idrogeno verde, l’Europa diventerà pioniere mondiale, mantenendo la leadership nelle tecnologie pulite”.
Perché è tanto importante? Perché questo carburante può alimentare settori non adatti all’elettrificazione dei consumi, come ad esempio l’industria pesante. E allo stesso tempo è in grado di offrire un accumulo stagionale per bilanciare i flussi delle rinnovabili non programmabili in rete. Ma perché questo accada è necessario innanzitutto definire le fonti. Attualmente, infatti, la maggiorate dell’idrogeno impiegato in Europa arriva dal reforming del gas naturale o da altri idrocarburi.
Nella sua nuova strategia, l’esecutivo europeo intende dare priorità a quello che chiama “Renewable Hydrogen”.
L’etichetta fa immediatamente pensare all’elettrolisi dell’acqua alimentata da energia fotovoltaica o eolica. In realtà è molto più di questo. Bruxelles definisce “Renewable Hydrogen” anche quello ottenuto mediante reforming di biogas o conversione biochimica della biomassa “se conforme ai requisiti di sostenibilità”.
Tuttavia il piano riconosce l’importanza anche di altri processi di produzione “a basse emissioni di carbonio” per la fase di transizione; ad esempio, processi fossili ma con contestuale cattura e lo stoccaggio della CO2. “Differenziare tra vari tipi di idrogeno – scrive la Commissione – consentirà di adeguare i quadri delle politiche di sostegno in funzione dei benefici che esso apporta sul piano della riduzione delle emissioni di carbonio, in base a parametri di riferimento e certificazioni”.
In questo contesto la strategia sull’idrogeno UE si muoverà per fasi, programmando investimenti, nuove norme, creazione del mercato e sostegno a R&I.
Dal 2020 al 2024, la Commissione europea sosterrà l’installazione di almeno 6 gigawatt di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno rinnovabile nel Blocco.
Un obiettivo di capacità a cui si affianca un target quantitativo: produrre un milione di tonnellate di combustibile.
Dal 2025 al 2030, il vettore dovrà diventare parte integrante del sistema energetico comunitario con almeno 40 gigawatt di elettrolizzatori e la produzione di dieci milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile.
Nel ventennio fino al 2050, invece, ci si aspetta che le tecnologie dedicate raggiungano la maturità e siano implementate su larga scala in tutti i settori difficili da decarbonizzare.
“Questo è il piano giusto al momento giusto”, afferma William Todts, direttore esecutivo di T&E. “L’idrogeno è l’anello mancante nella strategia europea per decarbonizzare gli aerei e le navi in cui l’elettrificazione non è un’opzione. Ora l’UE deve creare leggi che obblighino le compagnie aeree e di navigazione a iniziare a utilizzare carburanti a emissioni zero tra cui H2, ammoniaca e cherosene sintetico”.